Alla fine, incalzati dai fatti d’armi (la battaglia di Monte San Mauro), la Consulta precipitò i propri lavori, con una prevalenza schiacciante degli autonomisti/federalisti (cripto-indipendentisti) rispetto ai centralisti.
I fatti sono noti: dalla Commissione lo Statuto passò alla Consulta, da questa al Governo italiano che lo approvò e infine andò alla firma del Re, che da poco era Umberto II, non più Luogotenente per l’abdicazione di Vittorio Emanuele III.
Ai primi di gennaio si arrivò ad un armistizio con i Separatisti. Due fatti erano determinanti. In primo luogo l’indipendentismo con centinaia di carcerati, sedi devastate e svuotate dalla polizia o da folle prezzolate dalle questure, isolata dall’abbandono internazionale, dall’opportunismo della classe dirigente, che aveva fiutato il vento, non faceva più paura. Si era capito che era stato ridotto in minoranza nella società, magari una grossa minoranza, ma sempre una minoranza.
Poi, tutto sommato, dal punto di vista dei Separatisti, la conquista dello Statuto se non era l’indipendenza poco ci mancava. Ci si poteva adattare a fare i “federalisti”, in attesa di tempi migliori. Ottenevano lo Statuto, l’amnistia, la possibilità di riorganizzarsi politicamente e di presentarsi alle elezioni. Anche se il tempo era poco per riorganizzarsi era un compromesso accettabile. L’Evis veniva naturalmente sciolto. Era il Trattato di pace tra Italia e Sicilia che determinava la nascita dello Statuto.
Ma concentriamoci sulla parte finanziaria.