La crisi economica ormai strutturale e l’accelerazione impressa dal Governo Italiano sull’Autonomia Differenziata pongono alla Sicilia scelte esistenziali; scelte dalle quali dipende nient’altro che la sopravvivenza della nostra Terra.
Le parti economiche, politiche, sociali e culturali che costituiscono la Sicilia sono molto diverse tra loro, ed è giusto che sia così. Impossibile strumentalizzare una lotta che deve o dovrebbe vederci tutti uniti.
Per questo, nel rispetto delle differenze, facciamo una proposta molto semplice, aperta a tutti i partiti, sindacati, organizzazioni e associazioni di ogni tipo, economiche e non, che hanno la loro sede in Sicilia, un patto unitario, costituito sotto forma di Comitato, che ponga al Governo Italiano alcune richieste non negoziabili come condizione per il nostro assenso alla riforma in atto.
I problemi infrastrutturali, quelli delle principali categorie produttive, la stessa qualità della vita, non possono essere risolti con piccoli trasferimenti con il contagocce come quelli cui abbiamo assistito in questi ultimi anni. La Sicilia, e soprattutto le finanze siciliane, hanno bisogno di interventi strutturali e definitivi.
Queste condizioni sono le seguenti, riassunte nel seguente decalogo:
1. Attribuzione alla Regione della totalità del gettito tributario maturato nell’Isola, determinato questo secondo criteri oggettivi e misurabili, al di fuori di definiti tributi che servono a finanziare la difesa, la rappresentanza diplomatica e un contributo al funzionamento degli organi statali centrali;
2. Regionalizzazione integrale di tutti gli uffici finanziari;
3. Azzeramento del disavanzo contabile regionale cui non corrisponde reale debito e rinegoziazione del contributo al risanamento della finanza pubblica erariale che tenga conto della capacità contributiva del sistema economico siciliano a pari condizioni che nel resto del Paese;
4. Definizione per legge dei livelli minimi di spesa pro capite per settore in linea con quelli medi italiani, in grado di garantire i livelli essenziali di prestazione, senza alcun legame con la spesa storica di cui non si possono cristallizzare le distorsioni a favore del Nord, con corrispondente copertura statale delle spese correnti per la quota di gettito che i tributi maturati nell’Isola eventualmente non arrivassero a coprire;
5. Attribuzione automatica di un trasferimento costante per la perequazione infrastrutturale calcolato sull’85% delle imposte di produzione raccolte nell’Isola, o comunque non inferiore al minor gettito IRPEF della Regione dovuto al minor reddito pro capite rispetto alla media italiana;
6. Attribuzione alla Regione della facoltà (a spese proprie) di abbassare le aliquote delle principali imposte o di definire più ampie esenzioni, detrazioni o deduzioni, anche differenziando a favore soltanto di distretti particolarmente disagiati come le aree montane o le piccole isole;
7. Definire per legge un contributo ai costi dell’insularità per i trasporti passeggeri e merci dei residenti, maggiorazioni sui costi standard per la definizione dei LEP e parziale defiscalizzazione dei prodotti energetici;
8. Devoluzione integrale di tutta l’Amministrazione pubblica, ad eccezione di difesa e rappresentanza estera, alla Regione, e, per questa, agli enti locali, con piena libertà di autoorganizzazione dei servizi pubblici in ogni settore, in parte come funzioni proprie, soggette a legislazione regionale, in parte come funzioni delegate dallo Stato, secondo legge dello Stato, per le funzioni inalienabili di quest’ultimo;
9. Regime doganale speciale per le importazioni di beni nel settore agricolo ed agro-alimentare e possibilità di istituire un porto franco
10. Vigilanza autonoma sul sistema creditizio e possibilità di emissione di prestiti interni sotto forma di certificati di credito fiscale al portatore nei limiti fissati dalle autorità monetarie.
Le superiori rivendicazioni non sono altro che la traduzione in termini operativi di quanto è già scritto nello Statuto Speciale teoricamente in vigore dal 1946 e nell’art. 174 del TFUE, disposizioni entrambe teoricamente in vigore ma mai attuate.
Noi chiediamo solo ciò che ci spetta, potendo restare divisi su tutte le altre questioni.
Su queste condizioni minime spetterà a un Comitato Tecnico l’elaborazione degli articolati normativi da sottoporre al Governo dello Stato per la sua approvazione. A queste condizioni la Sicilia non ha paura dell’Autonomia differenziata di alcune regioni italiane e anzi la considera un’opportunità di ripensamento radicale della struttura centralista dello Stato italiano.
Siciliani Liberi non vuole essere “capofila” né “egemone”, ma essere soltanto uno dei tanti soggetti che partecipa a questo progetto. Ci auguriamo che soprattutto i Comuni, i Sindaci, lo sposino, al di là delle differenze di partito, perché mai la Sicilia è stata sconfitta quando è stata unita.