FUORI DAL CORO

“Siciliani Liberi” non si unisce al coro un po’ ipocrita e barocco delle congratulazioni con il vecchio nuovo Capo dello Stato italiano, anagraficamente nato in Sicilia.

Di Mattarella ricordiamo la totale indifferenza alla Questione Siciliana, già espressa ben prima di questo settennato, che per la Sicilia e la sua Autonomia è stato semplicemente sciagurato. Mattarella ha messo la firma ai peggiori documenti incostituzionali che hanno travolto ciò che restava dell’autogoverno del nostro popolo senza muovere un sopracciglio, e poi ai peggiori documenti liberticidi e disumani legati alla pandemia. Potremmo andare indietro, alla sua mediocre collaborazione con il Governo D’Alema, ai “meriti” che lo hanno condotto in politica, alle sue ascendenze politiche familiari, non sempre edificanti, ma ci fermiamo qua, per carità di patria. Come Siciliani ricordiamo solo che tanto è il suo legame e attaccamento alla terra d’origine che, in previsione della scadenza del suo mandato, aveva già programmato di traslocare definitivamente da Palermo a Roma, verso cui sono sempre state volte tutte le sue attenzioni. Uomo del sistema, pronto ad assecondarlo senza alcuna critica neanche velata, uomo di parte, che lasciava un paese diviso ed economicamente distrutto, e che si accinge a continuare a dividere. Uomo dei silenzi sulle cose più importanti, ma che quando parlava faceva rimpiangere i momenti di silenzio.

Ma su Mattarella la chiudiamo qua, la notizia di oggi non è questa.

La notizia è che il sistema partitocratico e cleptocratico italiano è in stato avanzato di decomposizione, e che la Sicilia non ha più alcun interesse a farne parte.

Lo spettacolo di questa settimana è stato semplicemente indecoroso. La rielezione dello stesso presidente, fosse anche il più comprovato patriota, è di per sé già segno di esaurimento fisico della classe politica. Non hanno più chi mettere nei posti più importanti, questo è il vero fatto. Al potere esecutivo hanno dovuto scomodare direttamente un esecutore delle banche d’affari. Alla Presidenza della Consulta il primo Presidente del Consiglio della Seconda Repubblica, quello che mise mano nottetempo sui conti correnti e che, pur oriundo siciliano, definì la violenza sulle donne una tradizione “siculo-pakistana”. Alla Presidenza della Repubblica ora si conferma lo statu quo per la totale incapacità delle forze politiche, pur d’accordo su tutto quando si tratta di spartirsi le spoglie del Paese, di esprimere un mezzo nome decente su cui far convergere il consenso. Le lancette sono ferme al 1992, quando cadde la Prima Repubblica, con gli stessi protagonisti, ormai invecchiati e incattiviti, attaccati alla navicella di un privilegio che sta affondando insieme a uno stato fallito. Il protagonista dell’accordo del panfilo Britannia è ancora sulla plancia di comando, a completare l’opera di distruzione allora iniziata, e il suo notaio immobile è pronto a firmarne ogni atto.

I “partiti”, soprattutto, escono totalmente delegittimati da questa vergogna. Non rappresentano più nessuno. Sono asserragliati nei Palazzi del potere a difendere unicamente il loro stipendio. In particolare ne escono annientati quelli che pretendevano di interpretare il sovranismo, l’anti-sistema, il populismo: il Movimento 5 Stelle e la Lega, quest’ultima forse in modo più grave sol perché già il primo aveva perso da tempo ogni briciolo di dignità.

In questo quadro la Sicilia non ha più alcuna ragione di seguire questo carro funebre. La puzza di decomposizione organica del sistema politico italiano da Roma arriva sin qua.

Solo i giornali di regime, in tragica farsa, fanno finta di non accorgersene.

La Sicilia deve mandar via i pretoriani di quei partiti dalle nostre parti e riprendere per la propria strada, come merita un popolo libero e sovrano.  Dobbiamo imparare la lezione e non credere più a nessun liberatore che venga da oltre stretto, che sbarchi protetto da una flotta straniera a Marsala, o che venga a nuoto sullo Stretto di Messina. Noi, solo Noi, potremo liberarci da questa tirannia.

Non ci sembra resti altra strada.

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