PERCHÉ L’INDIPENDENTISMO?

(di Yuri Patti)

Cosa spinge un Siciliano, un giovane Siciliano, a diventare indipendentista?
Probabilmente la domanda che ogni sicilianista si sente dire fin dai primi attimi della sua rinnovata coscienza identitaria.

Beh, i motivi sono molteplici. Potremmo partire ad esempio dallo studio approfondito della storia. Come possiamo continuare a fidarci di uno Stato, l’Italia, che ci ha sempre insegnato (o inculcato) una visione distorta della storia siciliana, fatta di decine di dominazioni e da secoli di oppressione terminate grazie all’Italia che ci ha finalmente “riuniti” (quando fu la prima volta?) e ci unì ai nostri “fratelli italiani”.
Lo Stato che dovrebbe insegnarci la nostra storia, la storia dei nostri avi, ci nasconde la storia del Regno di Sicilia, caratterizzato dalla sovranità politica e territoriale e la storia di come i Siciliani hanno sempre lottato nel corso dei millenni per la loro indipendenza, fino al tempo dei nostri nonni.

Questo ci accompagna al secondo punto, quello identitario. Cosa fa di noi Siciliani degli “Italiani”? Chiunque non sia avvezzo all’indipendentismo, inorridisce alla frase “Non sono Italiano, sono Siciliano”.
Eppure è la verità: cosa ci rende Italiani? La lingua direbbero alcuni, sbagliando dal momento in cui la lingua italiana fu introdotta “artificialmente” in Sicilia, a discapito del Siciliano, che addirittura dopo l’Unità d’Italia venne declassato a mero “dialetto”. Altri direbbero quindi che è la geografia a dirci “Italiani”. Peccato che anche geograficamente la Sicilia non è Italia. La storia, direbbero i restanti, sbagliando anche questa volta. Nella storia la distinzione tra Sicilia e Italia era netta quanto lo Stretto di Messina. Lo stesso Machiavelli, rispondendo al metodo dantesco su come capire chi definire “Italiano (laddove “il sì suona”), disse, usandolo come assurdo:”Allora dovremmo definire Italiani anche Spagnoli e SICILIANI”. La Sicilia è sempre stata esterna all’Italia, sia nei periodi di divisione territoriale della Penisola, sia nell’unico periodo di unità, ovvero Roma (la Sicilia era una delle molteplici province romane, molo più vicina amministrativamente parlando, all’Hispania o all’Illiria, non di certo all’Italia).

Se non bastasse vi è anche un terzo punto, quello logico. Ammesso e non concesso che, letti i primi due punti, non siamo ancora convinti e chiediamo altre motivazioni, ci basterebbe pensare a cosa ci rende orgogliosi di essere Italiani. E la risposta dei Sicilianisti a questa domanda è NIENTE, non c’è niente che ci renda orgogliosi del tricolore (tra l’altro simbolo alieno in Sicilia almeno quanto il giglio francese). Politiche economiche sbagliate (non sta a me decidere se siano state volutamente introdotte o meno) che hanno avuto come unico effetto l’impoverimento di quella che per secoli fu la terra sinonimo di ricchezza per eccellenza, l’inizio dell’emigrazione dei Siciliani, da una terra che fino ad allora era sempre stata di immigrazione, e non il contrario, un grande processo di italianizzazione che ha ridotto la nostra cultura a puro folklore e la nostra lingua un semplice dialetto oltre a renderci autodiscriminatori (“Noi Siciliani non sappiamo fare niente, sappiamo solo rovinare tutto” ecc.). C’è poi soprattutto da segnalare lo sviluppo del fenomeno mafioso, fino ad allora alieno al territorio siciliano e alla sua popolazione (uno dei primi ad allearsi con i “picciotti” fu lo stesso Garibaldi, in cerca di aiuti una volta in Sicilia). Altri motivi per essere orgogliosi di essere solo Siciliani? La Rivoluzione Siciliana del Secondo Dopoguerra. Ebbene sì, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, mentre in Italia si combatteva tra Fascisti e Partigiani, la Sicilia stava attraversando anch’essa un tentativo di Liberazione, mai avvenuto purtroppo, quello dall’Italia.

I Siciliani si ribellarono e aderirono in massa e/o supportarono il MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia), che aveva anche un braccio armato che difendesse la causa siciliana, l’EVIS (celebre, ma non troppo grazie alla storiografia italiana, il comandante Antonio Canepa). I Siciliani lottarono duramente contro l’Italia la quale, per paura di perdere l’Isola più importante strategicamente del Mediterraneo (mica per evitare di perdere i “Fratelli Siciliani”), fu costretta a firmare un armistizio, ovvero lo Statuto Siciliano. Quest’ultimo è un altro motivo per cui non possiamo definirci Italiani, dato che lo stesso Statuto per cui i Siciliani hanno dato le loro vite è stato rimangiato dalla stessa mano che l’aveva concesso. Questo colpo di mano lascia ogni anno la Sicilia con una mano davanti e una dietro, che si ritrova a dover adempiere a maggiori responsabilità ma a non avere le risorse per farlo (al momento la Sicilia dà allo Stato Italiano più di quanto riceve). In conclusione del terzo punto va infine menzionato il sistema dualistico italiano soprattutto dal punto di vista infrastrutturale. Prima le grandi opere vanno al Nord, sempre, poi se c’è tempo anche in Sicilia. Al Nord si parla di TAV o no-TAV, qui grandi tratti ferroviari sono ancora sprovvisti di elettrificazione. Al Nord hanno ricostruito un ponte in pochi mesi, qui i piloni crollati vengono tramandati di generazione in generazione, però poi l’unica volta che a Roma parlano della Sicilia è per il Ponte sullo Stretto per il quale non solo non è mai stato chiesto ai Siciliani un parere, ma terrebbe ancora più legata la Sicilia a uno Stato che la opprime.

Si evincono dunque alcune considerazioni. La prima è che no, non possiamo definirci Italiani e che no, la conquista subita ci fece passare dalla padella dei Borbone alla brace italiana. La seconda, rispondendo alla domanda iniziale, è un’altra domanda:
“Come fa un Siciliano a NON essere indipendentista?”

Antudo.

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