L’intervista che Giuseppe Giacalone, il comandante del peschereccio Aliseo, ha rilasciato alle emittenti rende più chiara la dinamica degli eventi, che hanno coinvolto i marinai mazaresi durante una battuta di pesca a nord della Libia, ma al tempo stesso pone nuovi inquietanti interrogativi.
Dalla ricostruzione dei fatti emerge che l’equipaggio siciliano pescava in acque internazionali con l’infondata sicurezza di essere protetto dalla presenza della fregata Libeccio della Marina Militare Italiana. L’unità italiana, pienamente nel controllo di quello spazio di mare e in grado di preannunciare di molte ore il sopraggiungere di un’imbarcazione ostile, ha assistito all’aggressione dell’Aliseo senza approntare alcuna significativa reazione. Nave Libeccio è una fregata lanciamissili che, per tonnellaggio, armamento e capacità operativa, avrebbe dovuto dissuadere con la sua sola presenza qualsiasi azione violenta. Al contrario, la motovedetta, della sedicente guardia costiera della Tripolitania, ha mostrato di non essere affatto intimorita e di agire con la certezza della passività della Marina Militare Italiana. Inazione che si è confermata tale fino a quando la motovedetta non ha desistito dal sequestro e ha abbandonato l’equipaggio permettendo ai militari italiani di assistere il comandante Giacalone ferito.
Davanti questo drammatico e incredibile resoconto, auspichiamo che le autorità inquirenti possano aiutare a fare luce, non solo sulle responsabilità dell’episodio, ma su quali siano le regole di ingaggio impartite da Roma alle unità militari operanti nelle zone di pesca ricadenti nelle acque internazionali prospicienti la Libia. Occorre che le marinerie siciliane siano pienamente consapevoli dei rischi che possono incontrare e pertanto che siano al corrente di quale sia la reale protezione che le forze armate italiane sono autorizzate a fornire. Non è infatti difficile ipotizzare che indicibili accordi politici, tra il governo italiano e le instabili autorità della Tripolitania, abbiano come conseguenza la piena libertà per le unità della presunta guardia costiera tripolitana di operare indisturbate nelle acque internazionali a danno dei pescherecci siciliani.
Consapevoli dell’ inadeguatezza politica del governo della Regione Siciliana a porre tali domande al governo italiano e altrettanto consci dell’assoluta inaffidabilità della deputazione siciliana a pretendere e ottenere risposte credibili, non ci rimane che confidare nel ruolo della magistratura inquirente per accertare quali siano i reali scenari che incombono sui marittimi siciliani e su un comparto così importante per l’economia dell’Isola.