Il Tarì, ovvero il cuneo per l’indipendenza.
Il nuovo governo gode del sostegno dell’intero arco parlamentare. Noi ci attendevamo che il capo del governo, che da ex capo della banca centrale italiana e poi di quella europea, ben conosce l’entità del risparmio giacente nei conti correnti e in quelli postali, convocasse subito le due maggiori banche italiane per fargli prestare subito alle imprese private e pubbliche e ai Comuni 500 degli oltre 900 miliardi di euro che il Credito Italiano e la Banca Commerciale hanno in giacenza. Spiegandogli che l’alternativa, ovvero il default dell’Italia sul proprio debito pubblico, significherà la fine dell’intero sistema bancario italiano, e la fine dell’euro.
Non è accaduto, e non sembra essere all’ordine del giorno. Il nuovo governo continua nella stessa mancanza di azione politica in economia di quello precedente. Dunque, occorre rispondere alla domanda: cosa accadrebbe se l’Italia nei prossimi mesi fosse costretta a dichiarare la propria insolvibilità?
Impaurita dallo stato critico delle finanze pubbliche che portò al governo Monti nel 2011, la classe dirigente italiana ha portato all’estero, sostanzialmente nel sistema del risparmio tedesco, 500 miliardi di euro. L’insolvibilità italiana, ovvero il mancato pagamento della rata degli interessi ai detentori del debito pubblico cresciuto nel solo 2020 di quasi 180 miliardi (da 2.410 a fine 2019 a 2.586 miliardi a fine 2020), comporterebbe la fine dell’unità italiana.
Le popolazioni e il sistema produttivo del Nord Italia non ha più alcun interesse a mantenersi legato al Sud Italia: che non potrà più funzionare da mercato di sbocco per le aziende del Nord, nemmeno con la lira che prenderebbe il posto dell’euro, che finirebbe un attimo dopo la dichiarazione di default italiana. Gli oltre 20 anni di austerità imposti dell’adesione nazionale all’euro hanno desertificato l’economia meridionale. Negli ultimi 20 anni pressoché tutti i giovani laureati ad alto potenziale hanno lasciato il Meridione. Oggi, lavorano in parte al Nord e in parte ancora maggiore all’estero.
Il rivolgimento monetario, porterà con sé dunque quello politico. Occorre quindi elaborare adesso, con lucidità e freddezza, le soluzioni monetarie ed economiche per evitare che la più che verosimile fine dell’euro si traduca nel collasso economico e sociale della Sicilia.
Siciliani Liberi ha già presentato un articolato disegno legislativo per la creazione di una moneta a circolazione parallela, come il Sardex in Sardegna, denominata Tarì. In caso di collasso dell’euro, la Regione Siciliana dovrà costituire la Banca pubblica che dovrà emettere la nuova moneta, accreditandola tanto ai Comuni che ai suoi dipendenti.
Come la Sicilia, che dispone di immense ricchezze, dal petrolio ai prodotti dell’agricoltura esportati in tutto il mondo, potrà vedere la propria valuta riconosciuta come moneta pregiata in tutti i Paesi lo vedremo in un’altra riflessione