Il Patto federativo tra gli autonomisti post-lombardiani e la lega è una volgare operazione trasformista della “non-storia” siciliana che si ripete con i suoi riti invariata da decenni e decenni.
Intanto va detto che la Lega non è mai riuscita, nonostante a tratti la buona volontà di Salvini di trasformarla in un partito di “destra nazionale”, a liberarsi del suo razzismo genetico antimeridionale e antisiciliano. Chissà che ne pensano i post-lombardiani (per non parlare dei leghisti siciliani DOC) di dichiarazioni come quelle dell’europarlamentare leghista Ciocca secondo cui “un Lombardo malato vale di più”? Accettano l’inferiorità dichiarata a chiare lettere? La ignorano? In ogni caso oggi chi si allea con la Lega deve spiegazioni su questa frase inaccettabile e choc, sulla quale non ci sono pervenute smentite salviniane.
Non ci risulta che gli autonomisti, o forse meglio “pseudo-autonomisti”, abbiano preso posizione sulla truffa del “regionalismo differenziato”, con il quale Veneto, Lombardia, e compagnia bella, si vogliono fare i servizi a casa loro con le entrate maturate anche in Sicilia (in barba al disposto dell’art. 37 dello Statuto) e prima ancora di aver definito le perequazioni e i “Livelli Essenziali di Assistenza”, senza i quali nessuna regionalizzazione a favore delle regioni più ricche sarebbe costituzionalmente possibile.
Apprendiamo che nel “rassemblement” ci sarebbe anche il Prof. Lagalla, cioè quell’Assessore all’Istruzione che ha affossato la “Giornata dell’Autonomia” il 15 maggio e di cui non si conosce alcuna iniziativa identitaria nelle Scuole siciliane degna di questo nome.
E il denominatore comune di questo patto? Il programma? Vediamo: Sviluppo infrastrutturale (ma senza l’art. 38 Statuto???), fiscalità di vantaggio decennale per le imprese che vogliono investire in Sicilia (ci sarebbe l’art. 36 dello Statuto, che la consente in modo PERMANENTE), lotta senza quartiere alla criminalità organizzata (non si sa mai, diciamo che siamo antimafia, chi non sarà d’accordo?), sviluppo dell’agroalimentare siciliano, turismo (vabbè, lo dicono tutti), “rafforzamento” (sarebbe meglio “attuazione”) dell’autonomia siciliana, decentramento amministrativo in favore dei Comuni (senza pìcciuli però), semplificazione e digitalizzazione (che sono come il prezzemolo, non guastano mai).
Questa è la grande rivoluzione che deriva dall’abbraccio tra leghisti e pseudo-autonomisti. Auguri.
La nostra interpretazione è diversa. Questi non sono veri partiti siciliani. Sono “federazioni di notabili cambiacasacca”, ognuno rigidamente con la propria clientela di voti, paesana e personale. Alcuni cambiacasacca entrano ed escono direttamente, come il buon Figuccia, o la Caronia, dai partiti coloniali italiani. I lombardiani si sono invece messi in proprio: anziché lavoratori dipendenti, hanno fatto una “cooperativa”, in grado di negoziare tutti insieme con i partiti coloniali (di cui la Lega è il peggiore ma non unico esempio, a cominciare da PD e M5S) condizioni di potere locale di maggior favore. Tutto qua? Sì, tutto qua. E i Siciliani lo sanno benissimo.
Ciò che accomuna i feudatari cambiacasacca è l’ASSOLUTA MANCANZA DAI LORO ORIZZONTI DI UN BENE COMUNE SICILIANO. Il loro massimo orizzonte è la somma di tot interessi privati. Non sanno di che colore è fatto il cielo. Sono occupati a brucare l’erba.
Si può votare Di Mauro, o Figuccia, per appartenenza, mai per voto ideale. Non conosciamo voti ideali per questa classe politica. Se ne avete notizia, fatecelo sapere.
Da questa sponda non potrà venire mai nulla di buono per la Sicilia, né in termini di attuazione dello Statuto, né in alcun altro termine.
Ammucchiata di potere, e nient’altro, aggravata dall’infamia del negoziato col partito nordista razzista contro di noi. Tutto qua. Vedremo se c’è chi gli va dietro. Perché la vera questione di fondo (di cui i giornali non parlano) è che la Lega in Sicilia è allo sbando: non ha fatto risultato alle recenti amministrative, non lo farà alle regionali. Molti che avevano aderito ne sono già usciti. Hanno bisogno dei lombardiani per evitare ‘a mala fiura. E chi assicura gli uomini di Raffaele Lombardo di non fare la stessa fine?