La piazza virtuale, agitata dall’emergenza Coronavirus, ha finalmente indotto il Presidente della Regione Musumeci ad approvare un “decreto attuativo” per dare esecuzione all’art. 31, che pone la Polizia di Stato alle dipendenze della Presidenza della Regione – non quale “organo regionale”, ma quale “organo dello Stato” – come correttamente recita una sentenza del lontano 1963.
Dobbiamo esserne contenti? Se si trattasse di un primo passo nella direzione di una maggiore autonomia anche nell’ambito dell’Ordine Pubblico, potremmo esserlo. Vorrebbe dire che le nostre pressioni iniziano ad arrivare a Palazzo d’Orléans. Tuttavia non possiamo fare a meno di sottolineare alcune criticità. Primo: lo Statuto afferma un principio diverso da quello della bozza di decreto della Giunta regionale e, pertanto, è stato ancora una volta travisato. Secondo: con questo decreto si dà allo Stato la possibilità di evadere da ulteriori rivendicazioni di autonomia, ancorate al dettato statutario, in materia di Ordine Pubblico. Evidenziate queste due criticità riteniamo di non poterci assolutamente rallegrare, tutt’altro.
L’art. 31 mette la Polizia al comando del Presidente della Regione, ma come “organo dello Stato”. Ciò significa che non è richiesto alcun decreto attuativo per applicare la norma. L’art. 43 dello stesso Statuto, infatti, dispone i decreti attuativi solo qualora le norme statutarie implichino il trasferimento di funzioni, uffici e personale dallo Stato alla Regione. Le altre disposizioni statutarie sono immediatamente applicabili o, meglio, necessitano solo di leggi ordinarie per essere applicate.
Essendo la Polizia materia riservata alla legislazione statale, l’attuazione dell’art. 31 necessita solo di una “Legge dello Stato”, e non di un decreto attuativo. E non è differenza da poco. Il decreto attuativo, infatti, blinda la legge per molti decenni. Se – come diremo tra un attimo – il decreto è distorto e limitativo, per molti decenni non si potrà cambiare più. Lo Stato dirà che “siamo a posto”. E la Sicilia – ancora una volta – avrà perso praticamente per sempre un suo diritto costituzionale. Se invece si fa una semplice legge, anche minimale, questa poi – quando le condizioni politiche saranno più favorevoli alla Sicilia – si potrà migliorare.
La Regione, quindi, doveva approvare, per mezzo dell’Assemblea e non della Giunta, una Legge-voto, da mandare poi al Parlamento italiano. Il mezzo giuridico utilizzato da Musumeci, quindi, è sbagliato. Anche perché così si avvalora l’idea che nessun articolo dello Statuto possa essere applicabile in mancanza di decreto attuativo: l’art. 43 afferma esplicitamente il contrario.
Peraltro, l’art. 31 dispone semplicemente che la Polizia dipenda SEMPRE dal Presidente della Regione, e quindi NON dal Ministro degli Interni. In casi eccezionali il Governo può esercitare questa funzione, e, sempre in casi eccezionali, il Presidente può prendersi pure il comando delle Forze Armate. Con questa bozza di decreto cosa fa invece il Presidente Musumeci? Limita (senza che lo dica lo Statuto) questo potere solo a casi di eccezionale emergenza, e solo e sempre con il consenso del Ministro degli Interni. Così si svuota di significato l’art. 31.
Lo ribadiamo: l’art. 31 non implica un passaggio di competenze alla Regione in materia di Polizia, ma semplicemente una sua dipendenza disciplinare e gerarchica dal Presidente nel rango di Ministro della Repubblica e rappresentante dello Stato in Sicilia. La norma dell’art. 31 è quindi di immediata applicazione. E, peraltro, anche nelle more di un’ipotetica Legge-voto, nessuno impedisce al Capo gerarchico della Polizia in Sicilia di dare disposizioni immediate. Se il Consiglio dei Ministri italiano ha il coraggio di sconfessarlo ed intimargli un passo indietro può farlo, ma si deve riunire, lo deve convocare con diritto di voto e rango di Ministro e deliberare diversamente.
In ragione di quanto detto, riteniamo che la Giunta Musumeci abbia dimostrato per l’ennesima volta la tipica assenza di coraggio delle nostre istituzioni regionali, sistematicamente incapaci di far valere i diritti costituzionali che lo Statuto dovrebbe garantire alla Sicilia, in questo ed altri ambiti. Anche l’on. Gianfranco Micciché, Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, è d’accordo?