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I GIOVANI SCETTICI SULLA SICILIA FUTURA

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a cura dei Giovani Siciliani Liberi

Gli esiti di questo sondaggio, secondo il quale la percentuale di coloro che immaginano un futuro in Sicilia tra dieci anni risulta assai bassa soprattutto nelle fasce d’età che vanno dai 18 ai 24 anni e dai 25 ai 35 anni, costituiscono un campanello d’allarme estremamente grave per l’avvenire della nostra isola. 

Di fatto, le generazioni di siciliani che dovrebbero assicurare il futuro di questa terra sono sempre più coinvolte in una spirale di bisogno e rassegnazione tale da indurle a non credere nella possibilità di vivere una vita dignitosa a “casa propria”.

 

Disoccupazione giovanile a livelli simili a quelli della Grecia, precariato diffuso, università sempre più in affanno per carenza di risorse finanziarie e declassate negli indici di qualità, classe dirigente incapace di valorizzare adeguatamente le enormi potenzialità umane dell’isola: questo il quadro che si presenta agli occhi di molti, anzi troppi, giovani siciliani.

Certo, non mancano neanche alcuni segnali in controtendenza, a loro modo incoraggianti, come la campagna social lanciata in questi giorni dai giovani di Confindustria Sicilia, intitolata per l’appunto “Resto in Sicilia”, ma l’impressione è che, senza un’inversione di tendenza molto radicale nell’ambito delle politiche pubbliche, porre un freno all’emorragia giovanile in atto sarà praticamente impossibile.

In termini di politiche pubbliche, per esempio, ci chiediamo quanto i giovani siciliani possano trarre vantaggio da una misura come il Reddito di Cittadinanza.

A nostro parere, infatti, il Reddito di Cittadinanza, così come illustrato dal decreto approvato dal governo gialloverde, non costituisce che un palliativo per i giovani della Sicilia; una misura tampone che non apporta alcun beneficio strutturale all’economia del nostro territorio.

In particolare evidenziamo tre criticità che, a nostro avviso, rendono assai dubbio il portato benefico di questo intervento.

In primo luogo, appare piuttosto irrealistico immaginare che nel giro di pochi mesi i centri per l’impiego – che in Sicilia non hanno praticamente mai funzionato a dovere – possano riuscire ad attivare i meccanismi d’incontro tra offerta e domanda di lavoro previsti dal decreto.

Occorrerebbe davvero una “rivoluzione copernicana” che sembra ben lungi dal potersi realizzare in tempi brevi.

In secondo luogo, segnaliamo l’illogicità del meccanismo d’incontro tra offerta e domanda di lavoro così come previsto dal decreto del governo Conte: il fatto che la terza offerta “congrua” – irrifiutabile se non si vuol perdere il diritto al Reddito di Cittadinanza stesso – possa pervenire da qualsiasi zona d’Italia costituisce un indiretto incentivo all’emigrazione, poiché è assai probabile che la maggioranza delle offerte di lavoro si concentreranno nelle aree economicamente più ricche del paese (il Centro-Nord).

Un meccanismo che va, dunque, nella direzione opposta a quella da noi auspicata.In terzo luogo, facendo un ragionamento di sistema, riteniamo che il Reddito di Cittadinanza rientri nell’ambito di un tipo di politica assistenzialistica che nei decenni scorsi ha profondamente danneggiato la Sicilia e il Sud Italia, avvantaggiando – a dispetto delle falsità della pluridecennale propaganda nordista – proprio l’industria settentrionale, di cui Sicilia e Sud Italia costituiscono il principale mercato di sbocco.

In tal senso, una misura assistenzialistica come il Reddito di Cittadinanza rischia di perpetuare lo status di asservimento e subordinazione del tessuto socio-economico del Sud a quello del Nord.

Riteniamo assai più utili e interessanti, sebbene non ancora sufficienti, interventi nazionali come “Resto al Sud”, misura tesa a favorire la nascita di imprese a conduzione giovanile nelle regioni del Mezzogiorno.

La Sicilia è una terra abitata da un popolo dalle grandi potenzialità inespresse: dare linfa alla creatività ed allo spirito d’iniziativa dei giovani siciliani, rendendo possibile l’avvio di nuove realtà imprenditoriali, va sicuramente nella direzione giusta e da noi auspicata.

Tuttavia, affinché i benefici possano essere strutturali, è necessario che il sistema degli incentivi si accompagni a misure volte a colmare il ritardo infrastrutturale esistente (a tal proposito ci chiediamo che fine abbia fatto l’art. 38 dello Statuto speciale della Regione Siciliana) e a garantire alla Sicilia l’applicazione di un regime fiscale che consenta alle imprese siciliane la possibilità di competere con quelle continentali.

Tutte cose possibili solo se nei prossimi anni avrà luogo un radicale rinnovamento al vertice del sistema politico della nostra isola, attraverso l’affermazione di una forza politica determinata a mettere in primo piano i soli interessi del popolo siciliano e delle sue giovani generazioni.

Proprio quello che noi, Giovani Siciliani Liberi, vogliamo promuovere.

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