di Armando Melodia
I dati ISTAT sulla povertà in Italia, pubblicati questa settimana, mettono a nudo una situazione a dir poco preoccupante. Il numero di famiglie e di persone considerate in povertà assoluta cresce nel 2017 rispetto al 2016. La tanto declamata ripresa economica non ha prodotto un miglioramento delle condizioni di vita degli italiani. Al contrario si registra un pesante peggioramento visto che l’incidenza della povertà assoluta è passata dal 6,3% al 6,9% delle famiglie e dal 7,9% AL 8,4% degli individui. Stiamo parlando di 1 milione e 780 mila famiglie che corrispondono a 5 milioni e 58 mila individui. Stiamo parlando di persone in povertà assoluta ovvero nell’impossibilità di acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile. Quindi se ripresa c’è stata questa ha prodotto una concentrazione della ricchezza nelle mani di un numero sempre minore di individui ed una diffusione della povertà in strati sempre più ampi di popolazione.
Se poi si approfondisce la lettura e si analizzano i dati ripartiti per aree geografiche apprendiamo che nel mezzogiorno la povertà assoluta raggiunge il 10,3% contro la media italiana 6,9%. Ancora più netta è la differenza per il livello di povertà relativa, con il mezzogiorno al 24,7% e la media italiana al 12,3%.
E la Sicilia? Per definire la situazione nella nostra regione dobbiamo usare aggettivi più drastici: allarmante, drammatica, raccapricciante. L’ISTAT pubblica suddivisi per regioni soltanto i dati riguardanti la povertà relativa che in Sicilia passa dal 22,8% del 2016 al 29% del 2017. Siamo secondi solo alla Calabria. Più di un quarto delle famiglie siciliane vive una condizione di povertà relativa! È assolutamente evidente che non si tratta di un fenomeno transitorio ma di una tendenza che dura nel tempo ed è destinata apparentemente a rafforzarsi. Un fenomeno che allo stesso tempo è causa ed effetto del costante ampliamento del differenziale tra nord e sud e in particolare tra la Sicilia e le regioni del centro-nord. Anche perché questi dati fanno il paio con quelli relativi alla disoccupazione, specialmente giovanile, e al conseguente espandersi della emigrazione dalla Sicilia verso il nord d’Italia e d’Europa.
La Sicilia sta vivendo un pericoloso avvitamento in un circolo vizioso da cui è difficilissimo uscire. Ma quel che fa rabbrividire è l’assoluta indifferenza riguardo a questi temi della classe dirigenti siciliana che sembra non avvertire la gravità della situazione. Né il governo Musumeci, né l’Assemblea regionale hanno espresso preoccupazione o assunto provvedimenti che possano almeno frenare questo tracollo. Sono tutti occupati a non fare, a non decidere, a non confrontarsi con la realtà per evitare che qualunque iniziativa possa fare vacillare la fragile maggioranza che al momento garantisce la loro sopravvivenza politica.
Ma la Sicilia ha bisogno ora di scelte coraggiose e di politiche che mutino radicalmente il quadro economico. Non ci si può aspettare nessuna inversione di rotta, nessun cambiamento di segno positivo se ci si limita ad aggiustamenti che rimangono entro l’attuale quadro di riferimento normativo e istituzionale. Se vogliamo che la povertà si riduca e che il benessere si diffonda dobbiamo dare nuovo fiato all’economia siciliana, creando le condizioni che rendano la Sicilia un luogo dove sia conveniente investire e creare lavoro e ricchezza. Occorre rilanciare e applicare lo Statuto e attualizzarlo attraverso l’istituzione della Zona Economica Speciale. Occorre dare uno shock positivo, una sferzata di energia alla nostra terra.
Noi Siciliani Liberi siamo pronti a confrontarci e lavorare insieme all’ARS, alla giunta Musumeci, al governo Conte per avviare questo processo. I siciliani, a cominciare dai giovani, aspettano un segno per potere continuare a sperare. Allora dobbiamo dare la sveglia a chi ci rappresenta in regione e al parlamento italiano. Su questo giudicheremo il governo e i partiti che lo sostengono e se non ci saranno significativi passi in avanti daremo battaglia insieme ai cittadini nelle piazze, chiederemo ai sindaci di schierarsi con noi per non essere travolti dallo stato di sofferenza in cui versano i comuni che amministrano. Saremo con la gente con il popolo che soffre e se ci vorranno chiamare populisti che lo facciano pure.