Dopo l’ennesimo vergognoso attacco della RAI contro la Sicilia, per mezzo de L’Arena di Giletti, contro una presunta “casta dei custodi”, riproponiamo la lettera del 5 febbraio della Dirigente Vera Greco a La Repubblica di Palermo, in occasione di analoga campagna/linciaggio contro i beni culturali.
Sull’ex assessore di Crocetta “pentito”, no comment. Stendiamo un pietoso velo.
I numeri, difficilmente controvertibili, dicono che mentre l’Italia per le altre 19 regioni spende nel 2017 circa 2 miliardi di euro, la Sicilia ha a disposizione non più di 10 milioni, con una concentrazione di beni culturali unica al mondo. Ricordiamo che la Sicilia dispone del 40 % circa dei beni culturali in Italia, a sua volta pari a circa i 2/3 di quelli mondiali.
La Sicilia è punto di incontro e culla della civiltà mondiale. Solo sotto la “dominazione italiana” poteva registrarsi una tale incuria per questo patrimonio.
I siti vanno chiudendo per mancanza di personale, e la Regione non dispone nemmeno di quei fondi che consentano o qualche investimento tecnologico per risparmiare sul personale di vigilanza o per le indennità di trasferimento laddove si possa ovviare in questo modo a qualche emergenza tra un sito e l’altro.
Ma, a nostro avviso, il problema dei beni culturali siciliani non è affatto quello di “poter licenziare i custodi” con buona pace di Giletti e Klaus. Chi dice questo dice qualcosa di completamente fuorviante. Il problema dei beni culturali siciliani, scrigno di tesori unico al mondo, è quello di dotarli intanto di risorse adeguate alla loro custodia e valorizzazione.
Il “numero dei visitatori” è una cosa importante, e non è tutta colpa della Sicilia se il sistema Italia favorisce sistematicamente il turismo delle città del Centro-Nord. Ma i beni culturali sono solo in parte valutabili in termini di ritorno economico e di margine di profitto. La cultura e l’arte sono valori intrinseci, da difendere a prescindere, perché patrimonio non solo della Sicilia ma dell’intera umanità. Se dovessimo chiudere o mandare in malora o abbandonare al vandalismo tutti i siti “antieconomici” della Sicilia ci comporteremmo peggio dell’ISIS con Palmira. È questo che vuole Giletti?
Il vero fatto è che l’Italia, dopo aver favorito in tutti i modi i beni culturali del Nord e il turismo nel Nord, ora ha messo gli occhi sulla cassaforte siciliana (i beni culturali spesso non possono spostarsi) e se ne vuole appropriare, prima affamando la Sicilia, poi attaccandola per le inevitabili inefficienze, e infine spossessandola.
Noi lo impediremo.
“Lettera del Dirigente Vera Greco a la Redazione de La Repubblica del 3 febbraio u.s.”
«BENI CULTURALI IN SICILIA. DICIAMO LE COSE COME STANNO?
Mettere fuoco una situazione di disagio e di allarme per i beni culturali è certamente un dovere da parte dell’informazione, soprattutto per i Beni Culturali e il Patrimonio sui quali molti, anzi tutti, dicono di voler puntare per rilanciare il proprio futuro, ma è altrettanto doveroso informare correttamente di tutti gli aspetti a 360° della questione.
Prima di tutto sgombriamo il campo dalle nebbie che non ci permettono di vedere nitidamente la vera questione e cioè che la dotazione finanziaria per i Beni Culturali siciliani, si è drasticamente assottigliata, fino la punto da non poter “acquistare una lampadina”. Da una sommaria ricognizione e da non esperta di numeri posso solo dire che mi risulta dai documenti ufficiali di bilancio che l’Italia destini ai Beni Culturali delle Regioni per il 2017 ben 2 miliardi di euro, mentre la Sicilia solo 11 milioni di euro!(al 2018 diventano 10…..) E’ evidente che, qualunque ragionamento si voglia fare, per superficie, popolazione, numero di beni culturali in Sicilia non regge, ed è palese che parlare di sprechi è semplicemente insignificante,e anzi direi, fuorviante.
In una continua sottrazione di risorse alla Regione Sicilia, atto che prosegue da anni, a danno delle casse regionali, i Beni Culturali, da sempre categoria “debole”, rispetto ad altre, sono quelli a soffrire più profondamente e strutturalmente di questi tagli indiscriminati, operati sulla base di appropriazioni da parte dello Stato, che invece, come più volte affermato da fonti autorevoli, non dovrebbero avvenire( cfr. solo per fare un esempio quanto affermato dalla Corte dei Conti).
Non molti anni fa, le somme stanziate nei capitoli dell’Assessorato Regionale Beni Culturali per il normale funzionamento e per le manutenzioni urgenti, restauri, messe in sicurezza, erano certamente più adeguate a quello che è un patrimonio immenso, e che ha bisogno di una costante e normale manutenzione minima, senza la quale, ovviamente, va in malora, metre adesso alcuni di quei capitolo sono “PM”, che signica “per memoria”.
La proposta avanzata dall’attuale Assessore riferita all’utilizzo del 30 % dei biglietti da parte del sito culturale che li emette, cerca di porre rimedio a questa situazione allarmante. Per quanto piccolo sia, per quanto “ minore”, comunque il 30% degli incassi è già una boccata d’ossigeno per quelle necessità minime di sopravvivenza dei beni che oggi non sono neanche garantite.
Ma bisogna anche essere realisticamente consapevoli che neanche il decantato Louvre fonda sugli incassi dei biglietti il suo ben nutrito budget, bensì su tutto quello che ruota intorno al museo, a cominciare dai servizi culturali strettamente appellati, quali visite guidate, laboratori, ecc. fino alla ristorazione, al bookshop, al merchandising e a tutto quello che vive in emanazione all’aura del bene. E’ vero, adesso in Sicilia sono in funzione alcuni “Servizi Aggiuntivi”, ma riferiti solo a quelle realtà appetibili dal punti di vista dell’affluenza di pubblico: nessun imprenditore privato è interessato a siti minori che non garantiscono un guadagno sufficiente per un investimento importante. E allora, cosa dobbiamo fare con i siti di fascia immediatamente inferiore fino a quelli sperduti, chiusi e non utilizzati?
Dobbiamo capire che oggi c’è una quantità di giovani preparati e in gambissima, che aspettano solo l’occasione di poter mettere alla prova le loro capacità per far sviluppare un settore che- diciamocelo francamente- è ingessato a causa della eccessiva burocratizzazione di leggi, norme, cavilli, contratti, che sono l’esatto contrario di quello che servirebbe, e che non possono essere né ignorate né bypassate dai dirigenti, se non vogliono essere denunciati e oggetto di multe salatissime, fino alla perdita del posto di lavoro. Sono convinta che se si rendesse molto più facile l’accesso a giovani o cooperative di giovani qualificati, per una collaborazione con le strutture cui afferiscono i beni culturali, si potrebbe arrivare ad un radicale capovolgimento di questa situazione in atto, come ben dimostrano i casi in cui, anche in Sicilia, questo percorso è stato pioneristicamente attivato: solo per citarne alcuni, le Officine Culturali di Catania, e il Genio di Palermo. Arricchire i siti di tutto quello che oggi è assolutamente necessario ed indispensabile, e per prima cosa la comunicazione, oggi esigenza primaria, fino alla possibilità di gestire i siti cosiddetti minori, con tutti i servizi di contorno, sfrondando l’inestricata giungla dei processi decisionali e delegandoli alla responsabilità del singolo direttore della struttura, tagliare tutti quegli appesantimenti burocratici e alleggerire il settore, bene, significa mettere in atto una sinergia vincente e intelligente di pubblico e privato.
La congiuntura in atto richiede soluzioni adeguate alla complessità della situazione, che non possono essere certo le strombazzate soluzioni dei super manager “esterni”, i quali, oltre a non essere Superman, peraltro, peserebbero sul bilancio dei Parchi autonomi in misura sostanziale, essendo il tetto di retribuzione previsto di 240.000 euro l’anno, che, al cospetto dell’attuale somma riconosciuta ai dirigenti dei Servizi è semplicemente stratosferica. Certamente non risolverebbero i problemi sostanziali, stante che non è l’incapacità di chi è a capo, bensì la irrisolvibile situazione di base, come ben evidenzia il caso di Agrigento, che invece con un’autonomia che va avanti da 16 anni, ha dimostrato e dimostra di essere perfettamente all’altezza del compito e in linea con i risultati degli altri parchi e musei italiani, dopo la “Cura Franceschini”.»