L’indipendenza è sostenibile?

Molti ci chiedono in questi giorni se la Sicilia “ce la può mai fare da sola”.

Molti Siciliani, confusi dalla propaganda italiana, sono realmente convinti che “ci campano gli altri”.

Diamo qualche dato, da fare circolare. 

Prima leggenda da sfatare: Regione e Comuni vivono soprattutto di una quota di tributi raccolti nel territorio, e non di trasferimenti dallo Stato. I trasferimenti dallo Stato sono solo una piccola quota di quello che lo Stato raccoglie dalla Sicilia. Ma diamo numeri ufficiali. 

Tratti dai CONTI PUBBLICI TERRITORIALI (AGGIORNAMENTO 2014):

La Sicilia ha un Prodotto Interno Lordo di poco inferiore agli 80 miliardi l’anno.

Le entrate pubbliche di ogni tipo, al netto soltanto dei contributi sociali che seguono una logica diversa e intergenerazionale, ammontano in Sicilia a 33,2 Miliardi.

Le spese che lo Stato svolge direttamente in Sicilia ammontano a 10 miliardi l’anno, tolto sempre per la stessa regione il comparto previdenziale e assistenziale.

Quelle della Regione a 10,8 miliardi l’anno.

Gli enti locali spendono 5,6 miliardi l’anno.

Sommando tutto la spesa totale ammonta a 10+10,8+5,6 = 26,4 miliardi

Quindi la Pubblica Amministrazione ogni anno “razzola” in Sicilia 33,2 miliardi, ne spende 26,4, dove va a finire la differenza, pari a 6,8 miliardi l’anno?

Allo Stato italiano che ci paga cose che con la Sicilia nulla hanno a che fare.

Se la Sicilia fosse indipendente questi soldi potrebbero essere spesi per ridurre la tassazione, o per dare migliori servizi ai cittadini, o per realizzare infrastrutture, o per aiutare le famiglie monoreddito o numerose o ancora per dare un reddito di cittadinanza a tutti coloro che, per una ragione o per un’altra sono esclusi dal mercato del lavoro e da ogni altro tipo di reddito.

Naturalmente questi conti sono molto pessimisti. In caso di indipendenza le cose andrebbero ancora meglio. Perché?

Per molti motivi:

1° Nei 10 miliardi di sopra di “spese dello Stato in Sicilia” ci sono contate molte spese svolte altrove e “attribuite fittiziamente alla Sicilia” per ragioni contabili, come le spese per le missioni militari all’estero ad esempio.

2° I soldi “raccolti in Sicilia” con le tasse non tengono conto di quei 2 o 3 miliardi di IRES e di IVA prodotti in Sicilia e raccolti altrove per ragioni amministrative, cioè perché il soggetto passivo d’imposta ha sede fuori dalla Sicilia. Se fossimo indipendenti emergerebbero anche questi.

3° Oltre alle partite fiscali ci sono decine e centinaia di “partite occulte” (dagli appalti pubblici, ai servizi delle imprese in mano pubblica, come le Poste, Trenitalia o l’Enel, ai “pedaggi” da pagare alle compagnie di bandiera favorite dallo Stato, e così via), che in caso di indipendenza resterebbero nelle nostre tasche.

4° Stiamo ragionando con una disoccupazione strutturale enorme (quasi il 60 % di disoccupazione giovanile), indotta da un fisco e da una moneta sbagliata. In caso di indipendenza, con fisco e moneta propria, questi fattori andrebbero rapidamente al pieno impiego, facendo schizzare in alto le entrate tributarie.

Insomma, conti alla mano, se fossimo indipendenti avremmo a disposizione ogni anno non meno di 10 miliardi di euro.

Chi è il mantenuto?

Se vi dicono che “da soli non ce la facciamo” date questi numeri, e date questo link: http://www.agenziacoesione.gov.it/it/cpt/02_dati/01catalogo_open_cpt/DatiCPT_CatalogoCPT.html#PA_S

L’indipendenza non è soltanto una cosa giusta o un destino inevitabile di un Paese nato Libero. L’indipendenza conviene!

 

Rispondi