È cronaca di questi giorni. Un imprenditore indiano a capo di una holding con 16 mila dipendenti, Mahesh Panchavaktra, ha manifestato l’intenzione di investire 300 milioni di euro nella realizzazione di un aeroporto nella valle del Mela (lungo la costa tirrenica messinese). Si tratterebbe di un aeroporto cargo (cioè destinato al traffico merci in sinergia e integrato col porto di Milazzo) e al contempo di un aeroporto destinato al traffico passeggeri. La forte caratterizzazione cargo e l’integrazione col porto di Milazzo fa sì che l’aeroporto del Mela non sarebbe, almeno all’avvio, concorrenziale rispetto agli aeroporti di Catania e Palermo.
Ancora non è stato presentato un progetto dettagliato anche perché è in discussione l’esatta localizzazione. Il sito originariamente previsto tra Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto, secondo gli ultimi sviluppi, sembra essere stato abbandonato perché troppo vicino al letto del Mela (a rischio esondazione) nonché ricadente in un’area urbanizzata e al tempo stesso destinata alla floricoltura (da valorizzare e incentivare anche grazie al futuro aeroporto, rappresentando una delle forme di riconversione della disastrata valle del Mela). Secondo gli ultimi sviluppi sarebbe stata individuata un’area più a est, ricadente nei comuni di Pace del Mela, Monforte San Giorgio, San Pier Niceto.
Non è da escludere che, operando congiuntamente la costruzione dell’aeroporto con una riconversione delle industrie altamente inquinanti e la restituzione di territorio a verde agricolo per produzioni di qualità, l’impatto in termini di consumo del territorio possa alla fine risultare anche nullo.
È un’opera utile per i Siciliani?
Secondo noi, Siciliani Liberi, sì.
In primo luogo, verrebbe meglio garantito il diritto alla mobilità dei cittadini di Messina e della fascia tirrenica della sua area metropolitana (in tutto circa mezzo milione di abitanti) che, attualmente, raggiungono con difficoltà l’aeroporto di Catania. Messina è attualmente un’area metropolitana senza aeroporto, una contraddizione in termini.
In secondo luogo, si faciliterebbe il turismo nelle isole Eolie e nel Parco dei Nebrodi.
In terzo luogo, un sistema di trasporti integrato con al centro l’aeroporto agevolerebbe la riconversione di un‘area a rischio ambientale come quella del Mela. Senza un efficiente sistema di trasporti nessuna riconversione è possibile; riconversione che passa attraverso la riscoperta della vocazione agricola e florovivaistica della piana, ma anche attraverso insediamenti industriali e logistici ecocompatibili. Anche in virtù di un principio di prevenzione che tuteli in via prioritaria la salute dei cittadini, bisogna continuare a scongiurare la sostanziale trasformazione della centrale elettrica di San Filippo del Mela in inceneritore. Ad una prima analisi (bisognosa ovviamente di tutti gli approfondimenti necessari) appare invece maggiormente ecocompatibile la trasformazione di una porzione della piana in una piattaforma logistica per gli scambi commerciali internazionali, con al centro l’aeroporto. Infine evidenti sono le ricadute occupazionali del progetto, la stessa holding indiana si è impegnata a valorizzare la manodopera locale (quantificandone un utilizzo pari al 75%).
La posizione del presidente dell’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile), Vito Riggio, è apparsa subito contraria anche se con successive evoluzioni ‘attendiste’. La prima dichiarazione a caldo sostanzialmente è stata: la Sicilia non ha bisogno di un altro aeroporto (una valutazione di utilità non rientrante nelle competenze dell’Enac). La seconda: il Piano nazionale degli aeroporti (del 2015) non prevede nuovi aeroporti in Sicilia e anche la Regione siciliana ha approvato detto piano. La terza, quella ufficiale, espressa in una nota dell’11 gennaio che ribadisce l’esistenza del Piano nazionale degli aeroporti cui bisogna attenersi per lo sviluppo del settore e che l’Enac “si asterrà da ulteriori commenti in merito all’ipotesi di realizzazione di un nuovo aeroporto in Sicilia fino a quando non avrà ricevuto una relazione scritta sul progetto stesso, che l’Ente analizzerà e valuterà secondo le proprie competenze”.
L’Enac aveva assunto una posizione contraria anche nel 2009 quando si ipotizzò la realizzazione di un aeroporto nell’agrigentino; mentre qualche anno più tardi, quando i cinesi manifestarono l’intenzione di realizzare un hub intercontinentale a Centuripe nell’ennese, la levata di scudi fu ancor più vigorosa, coinvolgendo anche gli americani assolutamente contrari per interessi geopolitici.
Ecco il punto fondamentale. La Sicilia è inconfutabilmente al centro delle rotte commerciali tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud del mondo; non a caso Messina si trova all’intersezione di due dorsali europee, quella nord/sud (dalla Finlandia a Gela, con la strada europea E45), quella ovest/est (da Lisbona al confine orientale turco, con la strada europea E90).
Riflettiamo su questo punto.
Quando Vito Riggio dice che il Piano nazionale non prevede nuovi aeroporti in Sicilia e che quel piano ha avuto l’assenso anche della Regione siciliana, dice una cosa vera ma anche rivelatrice di un certo modo di considerare gli interessi dei Siciliani non solo da parte della classe dirigente nazionale ma anche di quella siciliana. Il governo Crocetta che adesso (anche per ragioni elettoralistiche) si dichiara favorevole all’aeroporto del Mela, con l’assenso al Piano in parola non segnalò che ampie porzioni del territorio siciliano (nel caso di specie la fascia tirrenica del messinese) sono troppo distanti dagli aeroporti esistenti. Quindi nella redazione di quel Piano non solo si è misconosciuto il diritto alla mobilità di molti Siciliani (fatto ancora più grave trovandoci su un’isola) ma si è misconosciuta la centralità della Sicilia, la sua naturale vocazione ad avere un hub aeroportuale internazionale. Il Piano del 2015 riconosce ovviamente l’aeroporto di Roma Fiumicino come primario hub internazionale, e riconosce il ruolo di gate intercontinentali ad altri due aeroporti del Nord, Milano Malpensa e Venezia Marco Polo. Del Meridione e della Sicilia in particolare non c’è traccia, nonostante la peculiare posizione dell’Isola al centro del Mediterraneo. L’amara conclusione è che tutte le volte in cui l’interesse dei Siciliani contrasta con l’interesse nazionale italiano è destinato a soccombere.
Lo stesso Riggio, in una delle dichiarazioni informali, ha detto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti potrebbe proporre una deroga al Piano. Pertanto, le forze politiche siciliane, a prescindere dalle convenienze politiche di maggioranza e opposizione, hanno il dovere, riscontrata la fattibilità del progetto quando verrà presentato nella sua forma definitiva, di sostenere la deroga suddetta in nome del superiore interesse dei Siciliani. La Sicilia prima di tutto.
Naturalmente non ci facciamo molte illusioni che oltre Siciliani Liberi altri possano occuparsi della cosa e men che mai i partiti italiani. Ovviamente nel dibattito dovranno essere coinvolte le comunità locali più direttamente interessate. L’attuale governo regionale non potrà intestarsi nessun successo perché in primo luogo avrebbe dovuto segnalare le esigenze del territorio messinese nella redazione del Piano degli aeroporti; in secondo luogo si sarebbe già dovuto adoperare in prima persona nella realizzazione dell’aeroporto o nel garantire altrimenti il diritto alla mobilità dei siciliani. Colpe analoghe hanno ovviamente anche le precedenti amministrazioni regionali (a prescindere dal loro colore politico) considerato che dell’aeroporto del Mela si parla sin dal lontano 1955. Non si poteva e non si può invocare la mancanza di adeguate risorse pubbliche che l’integrale applicazione dello Statuto speciale avrebbe invece ampiamente garantito; a maggior ragione non può farlo l’attuale governo regionale che, a seguito dell’accordo col governo Renzi della scorsa primavera, ha ulteriormente privato le casse regionali di un’ampia porzione del gettito fiscale regionale dirottandolo verso le casse statali.
Passiamo invece a considerare le specificità del territorio. Alcune associazioni ambientaliste, ad esempio, hanno sollevato l’obiezione del consumo di territorio destinato alla floricoltura e della eccessiva vicinanza dell’aeroporto alla raffineria di Milazzo o al letto del fiume Mela (quest’ultima obiezione, come dicevamo ad inizio trattazione, sembra essere superata, come pure quella del consumo di territorio destinato al florovivaismo). Quanto alla vicinanza alla raffineria di Milazzo, il problema deve essere attentamente analizzato ma dobbiamo riscontrare che analoga vicinanza vi è tra il menzionato gate intercontinentale di Venezia e il petrolchimico di Porto Marghera. In ogni caso, magari nel medio periodo, qualora fosse accertata incompatibilità, si dovrebbe pensare piuttosto al superamento e alla conversione del polo petrolchimico. Alla fine l’ambiente ne gioverebbe.
Una rete ferroviaria ad alta velocità tra i principali centri siciliani, qualora il vincolo ambientale si rendesse insuperabile anche da una riconversione delle attuali aree ad alto inquinamento, è comunque una priorità. La Sicilia ha la più alta percentuale di tratti ferroviari a binario unico e non elettrificati, del pari la rete stradale e autostradale necessita d’interventi strutturali. In poche parole occorre una ‘rivoluzione’ nelle rete dei trasporti siciliana. Non è un libro dei sogni, o almeno non lo è per i Siciliani Liberi che conoscono le risorse di cui potrà disporre la Sicilia nel momento in cui verrà meno la subordinazione degli interessi siciliani agli interessi italiani.
Resta ferma la necessità di realizzare sull’Isola (nella Valle del Mela o in altra localizzazione) un hub intercontinentale che tenga conto della centralità della Sicilia nelle rotte del commercio internazionale, sia aereo che marittimo.
Questa centralità è stata riconosciuta dai cinesi col progetto dell’hub intercontinentale nell’ennese, è adesso riconosciuta dagli indiani (per inciso gli investimenti in Sicilia della holding di Mahesh Panchavaktra non sarebbero limitati all’aeroporto del Mela, ma sarebbero estesi al manifatturiero e alla trasformazione di prodotti agricoli). Solo la classe dirigente italiana e la subordinata classe dirigente siciliana (subordinata in forza di vincoli partitici, di cui solo i Siciliani Liberi sono scevri) non ha riconosciuto e non riconosce tale centralità.
Siciliani Liberi, anche per mezzo del suo progetto di costituzione della Sicilia in Zona Economica Speciale (Progetto ZES) rappresenta oggi l’unica risposta alla domanda di efficienti infrastrutture per il nostro territorio.