Ed eccolo in Sicilia, l’imbonitore mandato da JP Morgan, da Obama e da tutta la consorteria mondiale dell’usura globale, a “venderci” la riforma autoritaria che trasforma quella che è già una repubblica delle banane in un regime autoritario vero e proprio.
Si cambia la II parte, quella che serve per fare le leggi, ma già si pensa a seppelire la I parte, quella dove ci sono scritti i diritti sociali, civili, economici, dei cittadini, la “più bella del mondo” diceva qualcuno fino a poco tempo fa, prima che gli ingaggi della RAI gli facessero cambiare repentinamente idea.
Sappiamo che molti diranno:
“ma perché difendere la I parte della Costituzione? La “funzione sociale” della proprietà privata, ad esempio? Il diritto allo studio, alla salute? Già non sono più (o mai) attuati, schiacciati dalle leggi del mercato globale che ci chiede l’Europa…” E invece questa è una trappola. Finché un diritto, anche se inattuato, è garantito dalle leggi, è sempre lì pronto a trovare chi lo faccia rispettare. Ed è per questo che va tolto, ma non lo si può fare tutto al primo colpo. Prima si deve affondare ciò che resta della democrazia, con il pretesto della governabilità.
E’ lo stesso discorso dello Statuto siciliano, che la modifica costituzionale viene in sostanza a seppellire. Non è la sua attuazione che si tenta di seppellire, ma la speranza stessa che i Siciliani possano un giorno ottenere una qualche forma di autogoverno.
Ma oggi, nel giorno dell’umiliazione della classe dirigente siciliana, non è di Renzi che vogliamo parlare, bensì di Sicilia.
Il problema della Sicilia sono le sue classi dirigenti, sia quelle politiche propriamente dette, tutte più o meno “nominate” da Roma, e quindi “vassalle” per definizione, ma anche la gran parte di tutto ciò che conta in Sicilia: dai sindacati, all’imprenditoria veramente grande, alla “cultura”.
La società siciliana è sempre più insofferente. Il fuoco dell’indipendenza ormai serpeggia dappertutto, soltanto “nascosto” dai media ufficiali che ne hanno davvero paura, ma indomabile. Ma al di sopra sembra non cambiare niente, solo la vergogna di una marea di maggiordomi in livrea, messi in coda per avere oggi questa domani quella elemosina.
Noi siamo stanchi di elencare le malefatte di questo Governo, di questa Italia, contro la Sicilia.
C’è solo l’imbarazzo della scelta.
Possiamo parlare dei mutui a tasso variabile imposti alla Sicilia per pagare anticipatamente le case farmaceutiche italiane.
Possiamo parlare dell’estorsione della rinuncia ai contenziosi costituzionali, per ben due volte nella stessa legislatura, per un importo di svariati miliardi, tolti ai nostri figli.
Possiamo parlare della cancellazione truffaldina, con la scusa del riaccertamento straordinario dei residui, di altri crediti per miliardi verso lo Stato.
Possiamo parlare della scandalosa vicenda del MUOS, che – a quanto pare – “fa bene alla salute” dei Siciliani.
Possiamo parlare della totale assenza di perequazione delle infrastrutture siciliane di ogni tipo, a meno che non si tratti di speculazioni faraoniche (questa volta l’omonimo “corifeo degli ascari siciliani” non c’entra) o inutili.
Possiamo parlare della lenta soppressione degli uffici giudiziari, delle scuole, delle università, gli ultimi servizi, quindi, che ancora lo Stato svolge per la Sicilia.
Possiamo parlare di un PIL che va indietro da 7 anni e che sta bruciando la ricchezza nazionale siciliana.
Possiamo parlare dell’esodo dei giovani, del crollo della natalità, dell’abbandono della Sicilia alla gestione impossibile dei “migranti”, lasciando sui Comuni i costi vivi e facendo solo ingrassare le lobby amiche di Alfano; magari poi portando la “brava sindaca” come trofeo in America, per far vedere come sono accoglienti, ma soprattutto bravi e obbedienti, questi sudditi siciliani.
Possiamo parlare del giudice Di Matteo, lasciato solo dallo Stato, e quindi esposto a tutto, perché “colpevole” di avere scoperchiato la strutturale complicità tra Cosa Nostra e lo Stato italiano, da sempre alleati.
Possiamo parlare del continuo linciaggio mediatico, a telecamere riunite, della Sicilia e dei Siciliani, additati ogni giorno come la causa prevalente di tutte le sciagure di questa Italia, malandata, ladra, disonesta, ma con noi violenta ed arrogante.
Possiamo parlare soprattutto dell’accordo scellerato del giugno scorso, DI CUI I SICILIANI MEDIAMENTE NULLA SANNO!, con cui la Sicilia regala, ormai potenzialmente per sempre, miliardi all’Italia, in cambio di nulla e viene trasformata in regione a finanza derivata.
Come mai contro la Sicilia è possibile tutto questo? Perché abbiamo la classe politica e professionale PEGGIORE DEL MONDO, LA PIU’ VENDUTA.
Abbiamo una Commissione Paritetica in cui la componente regionale, anziché difendere la Sicilia, emana regole attuative che danneggiano la Sicilia e disattendono le previsioni statutarie.
Abbiamo un Rettore che, ricevuta una telefonata da Palazzo Chigi, anziché rinfacciare subito le ingiustificate discriminazioni contro le nostre università, condite da parole inequivocabilmente razziste dell’attuale premier contro le università del Sud, che dovrebbero essere destinate a essere “di serie B”, si affretta a organizzargli l’apertura dell’anno accademico.
Abbiamo un Presidente del Parlamento che, tanto per dirne una, anziché denunciare il furto di più di 150 miliardi di Fondo di Solidarietà Nazionale negli ultimi 25 anni, si chiede, facendo “autocritica”, quale sia la qualità di quel Fondo di Solidarietà che abbiamo ricevuto “prima” (prima del 1990? Cose da pazzi!). Lasciando intendere che “fu speso male” (ne è sicuro?) e quindi per i prossimi 100 anni l’Italia ha diritto di tenerci come schiavi.
Abbiamo un “presidente” che si fa commissariare da un commercialista toscano nominato dal governo che crede di essere il più amato di tutti i tempi, completamente offuscato da una retorica antimafia che alla fine sta facendo più danni della vecchia mafia.
Questa l’indegna classe dirigente.
Noi oggi faremo “accoglienza” come potremo. Ma questo presidente accetta di ricevere critiche un po’ meno di Pinochet, e i manganelli e gli idranti sono pronti per spiegare da subito come l’Italia intende governare la Sicilia.
Ma la storia è ancora nelle nostre mani.
In tre mosse.
Primo: col NO, blocchiamo il colpo di stato.
Secondo: col voto regionale del 2017, pensioniamo i partiti italiani in Sicilia, ereditiamo le macerie della Regione, e cominciamo a trasformarla in vero e proprio Stato di Sicilia.
Terzo: alle politiche del 2018 (l’ultima volta che voteremo per le elezioni italiane), mandiamo al Senato (che è indispensabile) una forza nazionale siciliana indispensabile per qualunque maggioranza, che porta a casa, in un quinquennio di preparazione, tutto ciò che serve per la successiva proclamazione dell’indipendenza.
Ancora abbiamo mezzi democratici per liberare la Sicilia. Se non li abbiamo usati in passato, è ora di farlo adesso. Non facciamoceli togliere.
Cominciamo con un bel NO il 4 dicembre.