La macchina da guerra contro la Sicilia va a pieni giri e accelera. Il PD ha fretta di lasciare un cumulo di macerie alla Regione, prima dell’inevitabile fuga alle urne l’anno prossimo.
Dopo una serie impressionante di genuflessioni e favori allo Stato (il primo mutuo, contratto per accelerare il pagamento alle case farmaceutiche italiane, pagato con un bel tasso variabile e con una bella fiscalità di svantaggio per i Siciliani per i prossimi 30 anni; il primo “accordo”, quello del 2014, con il quale la Sicilia rinunciava a ciò che le spettava di diritto), l’arroganza di quest’ultimo non conosce limiti.
L’oscura vicenda della cancellazione dei residui attivi l’estate scorsa, poi, infine, lo scellerato accordo dello scorso giugno.
Come mai tanta violenza contro la Sicilia? E soprattutto che fare per fermarla?
Il “come mai” è presto spiegato: assenza di ogni reazione degna di nota da parte della Sicilia. Lo Stato è sì in affanno finanziario, forse alle soglie di un tracollo, ma quello che ha ottenuto dalla Sicilia, per i fatti suoi in ginocchio, è di più di quanto chiesto. Il PD siciliano è affannosamente alla ricerca di sempre nuove risorse da regalare allo stato italiano. Le opposizioni ogni tanto alzano la voce, ma non sono ancora riuscite a produrre alcun atto concreto per fermare lo scempio. A dire il vero anche le denunce sono “a corrente alternata”. Certe volte le sentiamo, certe volte sentiamo parlare d’altro, di problemi non centrali che “distraggono” l’opinione pubblica da questo che è forse l’unico e vero problema della Sicilia: la Questione Finanziaria.
Ma, appunto, che fare per fermare questo scempio?
Noi non siamo, almeno ancora per poco, in Parlamento siciliano. Siamo una forza giovane, nata il 3 gennaio scorso. Ma non possiamo candidarci a governare la Sicilia se poi siamo sicuri di trovare un cumulo di macerie.
Non ci resta che valutare la via GIUDIZIARIA per fermare quello che moralmente è senza dubbio un ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE, nella parte in cui azzera lo Statuto, che della Costituzione è parte integrante.
Riepiloghiamo i fatti più importanti.
Estate 2014: prima transazione in cui la Regione rinuncia ai propri diritti costituzionali, in cambio di nulla, se non di un modesto allentamento, di 500 milioni, del patto di stabilità.
Estate 2015: con l’occasione della riaccertamento straordinario dei residui, previsto dalla nuova legge di contabilità pubblica (il Dl.118), un gigantesco colpo di spugna cancella più di 6 miliardi di crediti della Regione, senza apparente dimostrazione (dai documenti che sono disponibili pubblicamente) della loro reale inesigibilità, e senza chiarire chi siano i debitori e se fra questi vi sia lo Stato, al quale sarebbero stati regalati di colpo miliardi di mancate entrate tributarie. Da questo riaccertamento esce un disavanzo di amministrazione di circa 7 miliardi che sarà coperto in non meno di 20 anni di sacrifici lacrime e sangue.
Estate 2016: nuovo accordo, il peggiore, tra Regione e Stato. Questa volta la Regione, in cambio di un modesto allentamento dello strangolamento finanziario e di un prestito di 500 milioni, rinuncia in un colpo solo a pezzi interi di autonomia legislativa, nuovamente al gettito di quanto eventualmente affluente dal contenzioso costituzionale e, soprattutto, rinuncia ai propri diritti finanziari sanciti dallo Statuto e dalle norme attuative, trasformandosi in regione a finanza derivata, mantenendo al contempo tutti i comparti del servizio pubblico nel tempo accollati alla stessa.
Da questo momento in poi i motori accelerano. L’ARS si fa “le corse” per ratificare con propria legge l’accordo, almeno per quanto riguarda l’IRPEF. Segue analoga legge (un DL convertito in Legge, nel quale, in un articolo, sono contenuti gli estremi dell’accordo), da parte dello Stato. Segue, a tamburo battente, un progetto di riforma dei decreti attuativi in materia finanziaria, da parte della Commissione Paritetica, che sconfessa apertamente lo Statuto e ratifica tutte le illegittimità di fatto registrate sino ad oggi.
Seguirà – a breve – la legge statale di stabilità dello stesso segno.
Ora, la nostra valutazione, a semplice occhio, è che ci stiamo movendo in un terreno apertamente incostituzionale, probabilmente con veri e propri abusi d’ufficio, dei quali i responsabili devono esser chiamati a rispondere, ma anche con danno erariale, per il quale devono essere individuate e denunciate le responsabilità personali. Per noi non c’è ragion di stato che tenga.
Noi abbiamo il dovere di rivolgerci alla Magistratura di ogni ordine, nella speranza – così dobbiamo dire – che almeno lì la Sicilia troverà un briciolo di giustizia e di equità.
Potrebbero esserci, vista la complessità della materia, illeciti prescritti. E in tal caso non ci resterà che denunciare politicamente le opposizioni parlamentari, a parole ostili, ma in realtà colpevoli di non essersi rivolte in tempo utile alla magistratura competente.
Il dossier è allo studio dei nostri legali, e qualunque SPAZIO ci sia per salvare la Sicilia e inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità, patrimoniali e penali, potete stare certi che lo faremo. Non possiamo anticipare i risultati, ma solo che cercheremo ogni minimo margine per poter attaccare i traditori della Sicilia.
Finché ci saranno i Siciliani Liberi, e finché non ce lo impediranno con la forza, o a mezzo di ritorsioni personali, noi difenderemo sempre la Sicilia, nonostante tutto. E’ una guerra. E in guerra ci si deve difendere se si vuole sperare di sopravvivere.
Che qualcuno cominci a consultarsi con un legale. Il nostro “avviso” è partito.