Nel 1945 la Consulta, dopo essersi insediata, espresse una Commissione ristretta dalla quale sarebbe dovuta uscire la versione finale dello Statuto.
Non c’è bisogno di dire che la Questione finanziaria da allora cominciò ad essere la vera materia del contendere tra Sicilia e Italia.
Da un lato c’erano gli autonomisti veri, tra cui soprattutto Guarino Amella; dall’altro l’Alto Commissario Aldisio, che cercava di depotenziare al massimo il contenuto della grande Riforma.
Citiamo Guarino Amella perché fu il più combattivo di tutti. Presentò un progetto, il più fedele a quello Vacirca, appena appena adattato al nuovo contesto in cui la Sicilia non godeva più dell’appoggio internazionale. Grande patriota indipendentista, dopo i primi mesi dopo lo sbarco, con grande senso di responsabilità e pragmatismo, a nostro avviso “si finse” autonomista, per insinuarsi tra i partiti italiani che avrebbero deliberato sull’Autonomia, e spingere questa al massimo possibile.
Si iscrisse quindi ad un partito-fantasma in Sicilia, la Democrazia del Lavoro, per avere un posto in Consulta e nella Commissione ristretta. E da lì difese come un leone le ragioni della Sicilia.
All’estremo opposto i moderati della DC, Enrico La Loggia in testa, che avevano in mente soltanto un’autonomia riparazionista. Nella Commissione, come nella Consulta, i “governativi” erano in minoranza. Vinsero le ragioni della Sicilia. A metà, tra autonomismo e opportunismo, socialisti e comunisti.
I progetti elaborati furono dapprima i seguenti:
Guarino Amella
Art. 31 Il diritto d’imporre e di riscuotere imposte, tasse e contributi sulla ricchezza, sulla produzione, sulla attività personale e commerciale, sulle importazioni e sulle esportazioni spetta in Sicilia al Consiglio Regionale.
Art. 32 Una “Commissione superiore di finanza”, nominata per metà dal Consiglio dei Ministri dello Stato e per metà dalla Giunta regionale, stabilirà il contributo da versarsi dalla Regione allo Stato per quei lavori, servizi, funzioni e attività che sono di competenza dello Stato e che si riversano a vantaggio delle Regione o comunque riguardano anche la Regione.
Le proposte della Commissione dovranno sottoporsi all’approvazione del Consiglio dei Ministri e del Consiglio Regionale.
Ogni cinque si procederà alla revisione del suddetto contributo, salvo revisione straordinaria di accordo tra il Ministro delle Finanze dello Stato e la Giunta regionale.
In caso di disaccordo, sia per l’approvazione delle proposte della Commissione, sia per la revisione straordinaria, deciderà la Suprema Corte Costituzionale (non si tratta della Corte Costituzionale italiana, ma – nell’impianto di Guarino Amella – della Corte Costituzionale siciliana, cioè dell’Alta Corte).
Art. 33 La Regione può liberamente emettere debiti interni.
Come si vede è ancora l’impianto originario. La “Costituzione del 1296” (Vespro) secondo cui le imposte e tasse in Sicilia sono decise soltanto dal Parlamento siciliano, è mantenuta, come nel Progetto Vacirca. Non si vuole nulla dallo Stato, e anzi si deve dare qualcosa per i pochi servizi che questo ancora svolge in Sicilia, secondo quanto stabilito da una Commissione paritetica (contributo che poi sarebbe confluito nel 2° comma dell’attuale art. 36).
Mario Mineo (socialista)
Art. 28 La Regione ha la piena potestà legislativa ed esecutiva in materia di imposizione finanziaria.
Restano però di esclusiva competenza dello Stato:
a) l’imposizione straordinaria sui beni capitali;
b) l’imposizione sulla fabbricazione, sull’importazione e sull’esportazione delle merci;
c) le imposte personali sul reddito globale;
d) i dazi doganali;
e) i monopoli fiscali:
f) il debito pubblico.
Art. 29 La Regione può imporre tasse per i servizi pubblici da essa assunti.
Art. 30 I beni patrimoniali dello Stato in Sicilia ed il demanio delle provincie siciliane vengono trasferiti alla Regione.
La Regione non può peraltro alienare tali beni senza specifica e preventiva autorizzazione dello Stato.
Art.32 Per l’attuazione di grandi opere pubbliche di importanza prevalentemente nazionale e per l’incremento delle attività economiche della Regione siciliana nel quadro dell’economia nazionale, verrà formulato un piano economico regionale ogni tre anni.
Le spese per l’attuazione di tale piano verranno ripartite tra la Regione e lo Stato, in proporzioni da stabilirsi volta per volta.
Art. 33 Il piano economico regionale viene predisposto da una commissione, costituita da tre membri designati dal Consiglio regionale, tre dalla Camera dei Deputati, tre dal Governo dello Stato.
Il piano viene poi sottoposto al Consiglio regionale, e, una volta approvato dal Consiglio stesso, alla Camera dei deputati per l’approvazione definitiva.
L’esecuzione del piano economico regionale spetta concorrentemente alla Regione e allo Stato per le materie di rispettiva competenza.
Art. 34 In caso di conflitto tra Consiglio regionale e Camera dei deputati nei confronti del piano economico regionale, l’Alta Corte di Giustizia è competente nel merito.
A parte tutta la complicata normativa sul “piano economico regionale” che rispondeva alla logica riparazionista da cui poi nasce il nostro art. 38 del Fondo di Solidarietà Nazionale, il progetto Mineo non è che un depotenziamento, grave a nostro avviso, del progetto Guarino Amella. Infatti si attribuisce allo Stato nientemeno che l’imposizione personale sui redditi. Cioè l’IRPEF di oggi. A scusante di Mineo c’è da dire che allora l’imposizione personale sui redditi non aveva il rilievo di oggi.
Ma c’è una cosa che sorprende. Anche Mineo non mette in discussione che l’imposizione in Sicilia fondamentalmente la debbano decidere i Siciliani e non Roma. E anche Mineo non attribuisce in caso di conflitto a Roma la competenza, ma la attribuisce giustamente all’Alta Corte. E questo era uno dei più centralisti….
Progetto del MAS (Movimento per l’Autonomia della Sicilia):
Art. 3 Una parte del Demanio dello Stato sarà trasferita alla Regione con i diritti ed obblighi relativi. La determinazione del Demanio regionale sarà deferita alla Commissione mista di cui al successivo art. 33.
Art. 10 Il Consiglio regionale deve essere richiesto dal Governo dello Stato del suo parere preventivo in merito ai trattati con gli Stati esteri concernenti commercio, regime doganale, navigazione, emigrazione, immigrazione.
In nessun caso i prodotti agricoli della Sicilia potranno avere un trattamento doganale meno favorevole di quello applicato a prodotti analoghi d’altre parti dello Stato.
Art. 33 Il diritto di imporre e riscuotere imposte, tasse e contributi sulla ricchezza, sulla produzione, sull’attività personale e commerciale, nonché di stabilire monopoli, spetta in Sicilia al Consiglio regionale.
Una Commissione finanziaria mista, nominata pariteticamente dal Governo dello Stato e dal Governo regionale, stabilisce, in occasione della compilazione dei bilanci preventivi dello Stato e della Regione, l’ammontare del contributo che la Regione deve allo Stato per coprire le spese dei servizi generali di competenza dello Stato e di quelli che si riservano a vantaggio della Regione e comunque riguardano anche la Regione.
La Commissione stabilisce inoltre i contributi straordinari chiesti eventualmente dal Consiglio regionale allo Stato e ne ratizza l’eventuale rimborso.
Art. 34 Le deliberazioni della Commissione finanziaria mista debbono essere sottoposte all’approvazione del Parlamento dello Stato e del Consiglio regionale.
In caso contrasto, decide l’Alta Corte Costituzionale (quella siciliana ovviamente).
Art. 35 La Regione può liberamente emettere prestiti interni.
Art. 36 Il territorio della Regione siciliana è posto fuori della linea doganale dello Stato e costituisce zona franca.
Il Consiglio regionale può chiedere al Governo dello Stato l’applicazione nella Regione della tariffa doganale dello Stato per determinate merci.
Art. 37 Le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche nella Regione.
E’ però istituita, presso il Banco di Sicilia, finché permane il regime vincolistico sulle valute, una Camera di compensazione allo scopo di destinare ai bisogni dell’Isola le valute estere provenienti dalle esportazioni siciliane, dalle rimesse degli emigrati, dal turismo e dal ricavo dei noli di navi iscritte nei compartimenti siciliani.
Art. 38 Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti, impianti od uffici, la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti, impianti od uffici nella Regione sarà determinata dalla Commissione mista di cui all’art. 33, tenendo conto dell’accertamento fiscale presso la sede centrale, ed i tributi relativi saranno riscossi dagli organi della Regione.
Questo progetto riprendeva quello di Guarino Amella, recuperando alcune parti dimenticate di quello Vacirca, raccogliendo l’intuizione di Mineo sul Demanio (dimenticata da Guarino Amella), e introducendo tutta una serie di accorgimenti economici da “zona franca”: questa oggi trasfusa e depotenziata nell’art. 39, mentre sono presenti già molti istituti poi trasfusi nella versione definitiva, quali la camera di compensazione, l’art. 37 odierno, etc.
Notiamo per inciso che anche qui lo Stato italiano è estromesso del tutto dalla legislazione tributaria avente applicazione in Sicilia.
Paresce:
E’ il progetto più moderato, il più centralista, da finanza derivata, messo in stretta minoranza in Consulta.
2.B) Alla Regione spetta la formazione del proprio bilancio: essa, per mezzo del Consiglio regionale, deve dare il proprio parere sul regime doganale nazionale e sui trattati di commercio che riguardano i prodotti regionali.
4) Per l’applicazione dei propri compiti la Regione ha una propria finanza costituita sia da percentuali sulle imposte e tasse, oggi statali, sia dall’attribuzione integrale di alcune imposte … e di alcune tasse…
Non si esclude la creazione di imposte e tasse regionali e la emissione di prestiti pubblici.
Altri cespiti sono costituiti dai beni demaniali e patrimoniali e de percentuali sulle entrate doganali e da contributi liberali dello Stato.
Alla fine, vista l’aria che tirava, Aldisio dovette ripiegare sostenendo un altro progetto moderato, di finanza derivata, il progetto Salemi.
Salemi:
Art. 32 Il bilancio della Regione è costituito da un contributo, corrisposto dallo Stato a titolo di solidarietà nazionale verso la Sicilia, ratizzabile in più annualità e determinato da una Commissione paritetica con membri dello Stato e della Regione.
Se tali entrate risulteranno insufficienti ai servizi pubblici della Regione, il Governo dello Stato accrescerà la percentuale anzidetta, ovvero autorizzerà la Regione ad istituire nuove imposte.
Art. 33 L’attuale organizzazione finanziaria dello Stato viene conservata; il relativo personale che presta però servizio nella Regione ha lo stato giuridico ed economico di quello regionale.
Quest’ultima norma è ambigua. Non si capisce se l’amministrazione passa, forse solo in parte, alla Regione. Per il resto si tratta di un progetto fortemente limitativo dell’autonomia finanziaria.
Governo italiano, DC in testa, e Alto Commissario, furono messi in minoranza in Consulta.
Si optò alla fine per il progetto Guarino Amella, integrato dal MAS.
Ma la componente “collaborazionista” ebbe buon gioco a chiedere, e ottenere, un generale depotenziamento delle richieste originarie. Ad esempio, la potestà tributaria originaria ed esclusiva, così chiaramente espressa da Guarino Amella, dal MAS e persino da Mineo, venne tradotta nell’ambiguo “delibera i tributi” dell’attuale art. 36, che poi la Corte Costituzionale avrebbe progressivamente castrato. E così via.
Anche la zona franca non passò.
Ciononostante, la versione definitiva dello Statuto costituiva ancora un documento in cui la Sicilia realizzava, in un colpo solo, una conquista impensabile solo qualche anno prima.