Condividiamo l’evento organizzato dall’Associazione “La Sicilia ai Siciliani” e da “Welcome to Me” che ricorda ogni anno il 7 settembre i “Camiciotti” che durante le “5 giornate di Messina” donarono la loro vita per l’ideale di una Sicilia indipendente preferendo buttarsi in un pozzo (oggi in via Cesare Battisti presso la Casa dello Studente) pur di non consegnarsi prigionieri al nemico, in gran parte costituito da mercenari, durante la Rivoluzione indipendentista del 1848.
Quei ragazzi volevano solo una Sicilia Libera, e per questo erano disposti a morire.
Il loro sacrificio smentisce tanto la storiografia ufficiale che vorrebbe inquadrare quella Rivoluzione nel quadro di una inesistente lotta per l’Italia unita, quanto taluni revisionismi “pelosi” che vorrebbero ridurre la portata di quella rivoluzione ad una parte soltanto della società siciliana. A quell’ultimo tentativo di una Sicilia indipendente parteciparono invece proprio tutti: nobili, borghesi, artigiani e contadini; laici e cattolici; palermitani, messinesi e panteschi; giovani e anziani; uomini e donne.
A riprova che la Sicilia era, ed è, una Nazione.
Quando la componente aristocratica, timorosa di una piega “democratica” della Rivoluzione, si sfilò e la Sicilia restò isolata dalle cancellerie europee (anche grazie al Piemonte, che già aveva buttato gli occhi addosso alla Sicilia), solo allora fu sconfitta.
Ma il sacrificio di questi ragazzi fruttò alla Sicilia una totale devoluzione amministrativa, quasi l’indipendenza, nei patti della resa del 1849. Mancavano ancora l’autonomia politica, un Parlamento, consigli civici elettivi, libertà di stampa, tutte cose impossibili sotto un regime autoritario come quello borbonico, incapace di cogliere lo spirito dei tempi che ormai avrebbe portato tutta l’Europa (persino l’Austria e la Prussia) a concedere elementari libertà costituzionali. Per il resto la Sicilia del 1849 aveva ottenuto tutto: finanze separate, polizia separata, diritto di non fare il servizio militare, proprio istituto di emissione (e quindi di fatto moneta propria), governo proprio (quello luogotenenziale), e così via.
Non furono regali, furono conquiste, ottenute con le armi in pugno; le armi di Siciliani pronti a dare la vita per la loro Patria.
E conquista con le armi in pugno fu lo Statuto del 1946, oggi reso carta straccia dall’Italia.
Nessuno ci regalerà mai nulla. Quello che ci spetta dobbiamo prendercelo da soli.