Ieri il primo passaggio a Roma con Montecitorio che ha approvato la truffa in danno dei Siciliani. Con la complicità dei deputati eletti nella nostra Isola. Ora tocca al Senato. Ma è chiaro che ormai bisogna guardare oltre lo Statuto ed oltre la Costituzione…
L’accordo tra Crocetta e Renzi, lo abbiamo detto in tutti i modi, svende i diritti della Sicilia, li froda e compromette il futuro delle nuove generazioni. La parte peggiore di questo accordo, quella che riguarda l’IRPEF, è stata messa di corsa in un Decreto Legge che ora è stato ratificato dalla Camera, e fra poco lo sarà anche dal Senato. Da anni lo Stato deruba circa 3 miliardi l’anno di Irpef dei Siciliani con diversi artifici contabili e amministrativi.
Questo furto ha costretto la Regione a indebitarsi sempre più, sempre con il “ladro”, in ultima istanza, pregiudicando ogni possibilità di sviluppo. Questo furto ha fatto interrompere ogni investimento pubblico, ha fatto schizzare in alto ogni tributo regionale e locale, ha compromesso i servizi pubblici essenziali. Ha cioè causato il deserto produttivo in Sicilia e la perdita di ogni speranza. Ora, con questo decreto incostituzionale, il furto viene legalizzato. Più del 40 % dell’IRPEF dei Siciliani andrà a Roma, anche se le relative spese nel tempo lo Stato le ha accollate alla Regione. I giornali e telegiornali siciliani e italiani ne parlano poco o niente. Molti Siciliani ancora non sanno perché siamo al collasso totale e alla miseria più nera e nessuno lo dice loro.
Le opposizioni, incoraggiate dalla voce di noi indipendentisti, hanno cominciato a sollevare la questione e di questo siamo soddisfatti. Ieri il Movimento 5 Stelle e Forza Italia hanno votato contro il Decreto (dovevano farlo perché era posta la fiducia), ma in discussione c’è stato l’intervento dell’On. Villarosa, già autore di un’interrogazione parlamentare di alcuni anni fa sul tema, che è andata oltre la difesa d’ufficio della Sicilia. Lo abbiamo riconosciuto doverosamente. Un intervento (che potete vedere qui) in cui, fra l’altro, ha riconosciuto l’azione portata avanti da noi da tanti anni, facendo nomi e cognomi.
Qualche deputato siciliano della maggioranza, tra cui lo stesso Alfano, forse vergognandosi troppo, si è assentato, ma complici sono e restano. L’On. Pagano, coraggiosamente, si è smarcato dalla maggioranza e ha votato NO. E gli altri? Il grosso dei deputati del PD e dei centristi loro alleati ha chinato il capo, come previsto. Hanno avuto la faccia di bronzo di votare SI alla morte finanziaria della Sicilia e dei suoi abitanti. Quando li vedremo potremo dire loro senza peli sulla lingua quello che sono. Ecco i loro nomi: Sofia Amoddio, Giovanni Burtone, Angelo Capodicasa, Daniela Cardinale, Marco Causi, Tommaso Currò, Davide FARAONE (il corifeo del partito ascaro), Maria Greco, Maria Iacono, Antonino Moscatt, Fausto Raciti, Francesco Ribaudo, Gea Schirò, Luigi Taranto, Giuseppe Zappulla del Partito Democratico; Antonino Bosco, Giuseppe Castiglione, Gianpiero D’Alia, Dore Misuraca, Vincenzo Garofalo, dei centristi di Alfano e Casini.A questi si aggiungerebbe il centrista Ferdinando Adornato, che siciliano non è per nulla, ma che hanno rifilato agli ignari elettori siciliani, veri sudditi coloniali, in quanto nominato nelle liste elette in Sicilia. Ma di lui non ci importa nulla. Uno straniero tolto alla deputazione siciliana.
Parliamoci chiaro, se anche questi 21 non avessero svenduto il proprio voto, se anche gli assenti avessero votato contro, le leggi maggioritarie sono tali che la Sicilia sarebbe stata schiacciata lo stesso e il governo Renzi non sarebbe certo caduto. Ma almeno costoro avrebbero salvato l’onore, cosa alla quale evidentemente non tengono affatto. La partita non finisce qui. Queste forze politiche alle prossime elezioni non devono prendere “neanche un voto” in Sicilia; questo dev’essere il nostro obiettivo. E dalle loro macerie dobbiamo rinascere, ribaltando questi patti coloniali che non riconosciamo.
Ma ci sono due insegnamenti che oggi nessuno vede da questo episodio e che invece bisogna ricordare. Il primo, diremmo quasi tattico, è che la presenza di una sola Camera, con regime maggioritario spinto, strangola la Sicilia. Oggi ne abbiamo avuto dimostrazione. Una ragione in più per affondare la controriforma costituzionale di Renzi e votare quindi NO a novembre. Senza il Senato eletto su base regionale non avremo alcuna speranza di far contare la nostra voce finché saremo dentro la prigione italica.
Il secondo, strategico, è che questo è solo l’ultimo, il più vergognoso, degli atti che si sono compiuti in 70 anni di farsa autonomistica. 70 anni in cui i diritti della Sicilia sono stati compressi a poco a poco, e sempre di più, e sempre più velocemente, condannandoci ad una lenta ma sicura morte. Non è un “cambiamento di rotta”. E’ stato sempre così, solo che ora la gravità ha raggiunto il colmo.
Ed è per questa ragione che è arrivato il momento di guardare oltre, oltre lo Statuto e la Costituzione. Se l’Italia non rispetterà mai alcun patto con la Sicilia e se non potremo mai essere altro che sudditi di ultima categoria, che senso ha parlare ancora di “diritti negati”, di “Statuto violato”? Sono solo contentini e tappe intermedie. Oggi l’unica possibilità di salvezza, l’unica via di fuga realistica per la Sicilia da questa lenta morte è una sola: l’INDIPENDENZA.