Il referendum non è andato come speravamo. Ha vinto il regime post democratico di Renzi. Ma non mancano i segnali positivi che arrivano dalla Sicilia dove 1.146.308 elettori sono andati alle urne e il 92% di questi ha votato contro le trivelle…
Il referendum di ieri ha sancito, seppure su un argomento non certo centrale, un rafforzamento del regime post-democratico di Renzi. Alla fine della fiera, per il premier non eletto è stato un assist in un momento di oggettiva difficoltà. Inutile negarlo. I numeri parlano chiaro. Vero è che si reggono e vanno avanti sul “non dissenso” più che sul “consenso”, regnano sulla disaffezione ormai cronica di tutti i cittadini italiani al voto. Noi non ci vanteremmo più di tanto di questa vittoria di Pirro, fossimo in loro. Ma il fatto stesso che ormai il 40 % dei cittadini non va più a votare nemmeno “sotto tortura” e che, nel caso dei referendum abrogativi, basta un po’ di boicottaggio per farli fallire (un po’ il mancato accorpamento con le amministrative, un po’ il silenzio-stampa, un po’ all’ultimo i deliberati inviti al non voto), deve fare riflettere tutti sul collasso delle istituzioni repubblicane in Italia.
Collasso che fa “pendant” con lo stravolgimento costituzionale in atto, una svolta autoritaria rispetto alla quale la questione delle trivelle è semplicemente di scarso rilievo. Noi non siamo stati tra gli organizzatori di questo referendum, ma visto che le ragioni intrinseche alla base di esso erano valide, abbiamo fatto tutto quanto era in nostro potere per farlo riuscire o per farlo andare meglio possibile. Di questo siamo fieri, e ringraziamo tutti gli attivisti che generosamente si sono impegnati in questa campagna referendaria, che è stata il nostro primo test, a pochissimi mesi dalla nostra nascita. Non siamo stati tra i promotori, ma adesso una riflessione sull’utilizzo di questi strumenti “a prescindere” andrebbe fatta.
Il referendum è un momento di grande democrazia, ma non si può prescindere dalle leggi che materialmente lo regolano. Quella italiana, che prevede il quorum al 50 % più uno dei votanti, dovrebbe dissuadere dall’uso “allegro” dello stesso. La politica è dominata – direbbe Weber – dall’etica delle conseguenze, e se la conseguenza principale di queste consultazioni è che si dà una mano a un governo “astensionista” e autoritario, allora bisogna ripensarci bene; ma questa è una riflessione che lasciamo ai promotori. Noi, se il referendum si ripresentasse, faremmo la stessa scelta.
Nel merito, in Italia, con il 32,5 % di votanti, il risultato è stato al di sotto di una linea ideale di difesa del 40 %. Un risultato in sé deludente, rispetto al quale non ci sono state eccezioni se non nelle regioni del Sud (Basilicata e Puglia) più colpite (oltre la nostra) dal colonialismo petrolifero italiano. L’analisi del voto siciliano, invero, lancia qualche segnale, ancorché debole, di segno positivo, e quindi di speranza. Il gap dell’astensione rispetto al dato nazionale, storicamente elevatissimo, è oggi a meno del 3 %. La Sicilia, questa volta, ha votato in linea con il dato nazionale. Tra i votanti, addirittura, i SI’ superano quelli nazionali di quasi del 7 %. Questo è un dato politico rilevante. Inutile negarlo. Il 92,5 % dei Siciliani che hanno manifestato un interesse per le politiche energetiche hanno dichiarato di volere energie pulite. Questo segnale va raccolto, questa voce va rappresentata, e noi “Siciliani Liberi” continueremo a farlo.
E ancora: in una regione, la nostra, dove, come accennato, il tasso di astensione alle elezioni è solitamente da record, oltre un milione di Siciliani sono andati alle urne ieri, per la precisione 1.146.308 (28,4%). Alle ultime regionali- quando la posta in gioco era sicuramente più sentita- neanche il doppio (48%). Alla luce di quest’ultimo dato, quello di ieri è un risultato importante (anche a livello nazione con oltre 16 milioni di italiani che hanno detto no a Renzi).
Questi numeri potrebbero fare la differenza ad Ottobre, in occasione del referendum costituzionale quando il quorum non sarà previsto. Insomma, Renzi ha poco di che stare tranquillo.
In un quadro negativo non ci dimentichiamo di quello che può preludere ad un equilibrio diverso. Un primo passo, giusto, ma un primo passo verso la giusta direzione. Nel dettaglio del voto siciliano si coglie la controtendenza di Gela rispetto agli altri distretti petroliferi del Sud, segno che forse il terrorismo “occupazionale” qui ha funzionato. Altre “sacche” di disaffezione nel Centro (fisiologiche queste) o a Palermo città meritano riflessione. Ma il resto dell’Isola, a ridosso del 30 % e, a sorpresa, con punte superiori nell’Agrigentino e soprattutto nel Trapanese (dove l’affluenza ha superato quella nazionale), dimostrano che il senso civico nella nostra Isola non è spento, e che ci sono risorse umane e politiche che attendono di essere rappresentate. Noi pensiamo che in questo risultato “dignitoso” (in relativo all’Italia) un ruolo determinante sia stato giocato anche dalla nostra azione. Noi daremo voce e rappresentanza a quel 92,5 % di Siciliani che considerano una iattura la trivellazione dei nostri mari. Chi si è astenuto non ha diritto di essere rappresentato. Per noi indipendentisti la questione ambientale non si chiude qui. Noi resteremo sempre a difendere la Sicilia dal saccheggio delle sue risorse naturali e ambientali. Di sotto i dati di dettaglio della consultazione referendaria in Sicilia.
% Votanti |
% SI’ |
|
ITALIA |
31,2 |
85,8 |
SICILIA |
28,4 |
92,5 |
Palermo |
27,5 |
92,9 |
Catania |
29,3 |
92,5 |
Messina |
27,0 |
91,7 |
Agrigento |
30,6 |
94,7 |
Trapani |
33,3 |
94,5 |
Siracusa |
27,4 |
91,3 |
Ragusa |
29,5 |
91,8 |
Caltanissetta |
22,5 |
89,6 |
Enna |
25,6 |
89,6 |