Siciliani Liberi invita tutti i docenti siciliani a non adottare testi della casa editrice Principato

 

 

 

Apprendiamo con sgomento che la Corte di Cassazione ha stabilito che un libro destinato a studenti della scuola secondaria di I grado (quella che tutti chiamiamo ancora “scuola media”) che inculca pregiudizi razziali anti-siciliani, privi di qualsivoglia fondamento storico, sociale o politico, non può essere ritirato dall’insegnamento in quanto farebbe parte della libertà d’insegnamento.

 

Premettiamo che l’iniziativa giudiziaria era partita dalla Presidenza della Regione, quella stessa che noi critichiamo ogni giorno come serva dell’Italia e nemica dei Siciliani. Ma la nostra onestà intellettuale non ci impedisce di difenderla quando, una volta su mille, si intesta un’iniziativa giusta. Evidentemente gestita male anche giudiziariamente, perché l’accusa si è basata solo sulla lesione della dignità dei Siciliani e non, come avrebbe dovuto, anche sulla vera e propria falsità delle argomentazioni.

Noi abbiamo l’obbligo intanto di fare sapere, almeno ai siciliani, le affermazioni lombrosiane che sono contenute in questo testo, e poi lanciare un’iniziativa pubblica a tutela della dignità prima di tutto degli studenti siciliani, che hanno tutto il diritto di crescere e di essere educati senza alcun “complesso di colpa” o “senso di inferiorità” che viene invece loro impartito sin dalla scuola per il solo fatto di essere Siciliani. Il fatto è gravissimo, e la Corte di Cassazione si è macchiata di una sentenza degna di un tribunale razziale.

Vediamo alcune “perle” di questo strumento educativo che dovrebbe entrare nelle scuole di tutta l’Italia.

Dal libro GEO Italia – Le Regioni

Il potere mafioso ha stabilito sull’isola un clima di violenza che avvelena i rapporti tra la gente, dissangua ogni attività economica e impedisce di governare per il bene della collettività“. Il libro dice agli studenti chiaro e tondo che la Sicilia è mafiosa, che è governata dalla mafia. E ciò è semplicemente falso. La mafia c’è come in tutta l’Italia, meno che in molte altre regioni, anche del Nord. In questo modo invece si accredita un’immagine di una mafia dominante e invincibile, oltre che un’irredimibile mafiosità della Sicilia.

Ma la prima parte della frase è ancora più grave. Dice che in Sicilia noi tutti, viviamo in un clima di violenza dominato da rapporti mafiosi. Un clima di violenza talmente pesante che i rapporti tra la gente sarebbero avvelenati! Ma chi ha scritto queste cose non può mai avere vissuto in Sicilia, né saperne niente. Tutt’al più avrà visto uno dei tanti film-spazzatura dati dalle TV italiane. E la cosa più grave è che la sentenza della Corte di Cassazione dice che l’autore non può “autolimitarsi” e non “dire la verità”. Come dire: ma dai, lo sapete che è così, perché non lo volete detto? E invece no, signori giudici, che di Sicilia nulla sapete, evidentemente. La mafia c’è e c’è stata certo, ma dipingere l’intera società come dominata e avvelenata dai rapporti mafiosi è semplicemente un’indecenza razzista, che fra l’altro farebbe comodo solo agli stessi mafiosi. Non è per caso per lo stesso motivo che la TV italiana invita i figli degli stragisti mafiosi nei suoi salotti buoni? E’ così che ci vuole l’Italia. L’Italia ci vuole mafiosi. Ma sappiano che per noi è l’Italia che è mafiosa.

Come pensate che cresceranno i nostri ragazzi leggendo questa affermazione? Che idea pensate si faranno i ragazzi italiani della Sicilia e dei suoi abitanti?

La Sicilia è una regione che riceve dallo Stato più di quello che dà, e consuma più di quello che produce“. A parte il fatto che l’affermazione, soprattutto nella sua prima parte, è semplicemente falsa. Ed è facilmente argomentabile con statistiche economiche alla mano. L’affermazione è però nel suo complesso volutamente discriminatoria. La volontà di chi ha scritto il libro non è quella apparente di parlare di economia, ma di additare a pubblico ludibrio, come fanno ogni giorno tutte le TV e i giornali nazionali, la Sicilia come una “MANTENUTA”. Cioè, la finalità complessiva è quella di continuare sui banchi di scuola quello che è oggi l’insostenibile e continuo linciaggio mediatico, per fare diventare la Sicilia il capro espiatorio di tutti i mali nazionali. Il fine vero, e semplicemente evidente da queste affermazione, è quello di dipingere i Siciliani, nella realtà spogliati e vessati di tutto, come un popolo di parassiti. E, verso i parassiti, si scatena naturalmente l’odio collettivo. E’ questo il fine del libro di testo, non altro, in queste lapidarie ed errate informazioni di carattere economico.

Perché non dice il testo qual è lo sfruttamento energetico della Sicilia, lo sfruttamento economico, i tagli a scuola e università, la slealtà dello Stato, certificata dalla Corte dei Conti, che impone alla sola Sicilia il sacrificio più alto d’Italia per il “risanamento della finanza pubblica statale”? Nulla di tutto questo. Solo l’insulto, gratuito e razzista.

Altre perle, che partono subdolamente da un fondo di verità, per lanciare però un messaggio disfattista e sostanzialmente di disprezzo:

Periferie anonime, talvolta prive delle fognature, sono cresciute in condizioni di massimo degrado sociale; abbandonati a se stessi, questi quartieri sono diventati inferni urbani, dove la criminalità non ha freno“. Ora, qui il lettore ravviserà un fondo di drammatica verità. Nelle due principali città siciliane ci sono oggettivamente periferie degradate e piene di criminalità (ma Tor Bella Monaca a Roma o Quarto Oggiaro a Milano o Secondigliano a Napoli non hanno nulla da insegnarci). Pensiamo allo ZEN a Palermo. Dove pure ci sono moltissime persone oneste, beninteso. Ma questa frase lanciata lì, senza motivo e senza paragoni equi con altre realtà, dipinge una realtà inesistente. Nella maggior parte delle città siciliane c’è povertà sì, ma una povertà dignitosa. Dire che sono “inferni urbani dove la criminalità non ha freno” non è un quadro realistico dell’attuale situazione. Nella maggior parte dei casi camminare nelle periferie siciliane, anche di sera, è molto, molto più sicuro che in quelle torinesi, o milanesi, o romane. Su questo non c’è dubbio, ma ancora una volta il fine del libro non è educare, è educare al disprezzo. Al disprezzo per tutto ciò che è siciliano.

L’economia si basa sull’assistenza dello Stato, sotto forma di sovvenzioni di opere pubbliche e pagamento di pensioni; la spesa pubblica però, più che dare impulso produttivo, ha alimentato un intreccio di corruzione tra forze politiche e criminalità“. E per la Cassazione questo sarebbe “sostanzialmente” vero? Ma, da dove cominciare?

Tanto per cominciare non è vero che l’economia si basa sull’assistenza dello Stato, semmai (ma più in passato che oggi) su quella della Regione, a sua volta tratta dall’IRPEF dei Siciliani. Lo Stato non ha mai speso un centesimo per la Sicilia. Lo Stato in Sicilia prende, e basta, e non dà nulla. L’abbiamo detto e scritto in mille modi, portando dati ufficiali. Ma, non importa, sembra di stare in uno dei tanti talk-show Rai o Mediaset, con la Sicilia come facile capro espiatorio nazionale. Poi le “opere pubbliche” non le vediamo da decenni. Le vede solo l’autore del libro. I programmi di investimenti pubblici passati, presenti e futuri non contemplano la Sicilia come regione d’Italia se non per qualche modesta manutenzione. Le pensioni, sì, ci sono, ma ci sono in tutta Italia. Non c’è alcuna specificità pensionistica siciliana. Ma poi c’è la ricetta, velenosa: NON DATE SOLDI ALLA SICILIA! OGNI SOLDO DATO ALLA SICILIA E’ SPRECO E CRIMINALITA’. Capita la morale? Chiudiamo i punti nascita, tagliamo le linee di trasporto interne, chiudiamo le università, chiudiamo le scuole, chiudiamo gli ospedali, chiudiamo i musei, lasciamo che la manutenzione al territorio si faccia da sé, perché in Sicilia Spesa pubblica = Criminalità. Quindi, voi tutti dipendenti pubblici siciliani, siete solo una gran massa di criminali, e così tutti gli imprenditori che vivono di commesse pubbliche, dai laboratori d’analisi agli asili e così via. A questo punto la ricetta è facile. Mai più un soldo alla Sicilia. Tutto a Roma. Più chiaro di così? E questo viene detto, anzi inculcato, a ragazzini/bambini indifesi di 11 anni!! 

Da qui la nostra soluzione, non finirà qua. Se per l’italia, corte di cassazione in testa, vendere libri razzisti è lecito per la libertà d’insegnamento, sarà anche lecito, sempre per la libertà d’insegnamento che…

TUTTI GLI INSEGNANTI SICILIANI SI RIFIUTANO DI ADOTTARE LIBRI DELLA PRINCIPATO finché questa non ritira il libro dal commercio e non chiede scusa ai Siciliani.

MA NON SOLO GLI INSEGNANTI SICILIANI IN SICILIA, MA TUTTI GLI INSEGNANTI SICILIANI IN ITALIA, che sono moltissimi, dovrebbero rifiutarsi di adottare un libro di testo che spande razzismo contro la loro gente.

La campagna è partita. Che si faccia girare la presente tra tutti gli insegnanti siciliani in Sicilia e nel Continente.

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