La vergognosa manovra economica dell’Ars ha lasciato senza un euro le Province dove stanno venendo meno molti servizi essenziali, quali il trasporto per gli alunni disabili. Un caos doloroso per i cittadini, figlio dell’iincapacità del Governo siciliano e della voracità di quello nazionale. Ecco le proposte di Siciliani Liberi per uscire dall’impasse…
L’avevo detto nel gennaio dell’anno scorso in un articolo pubblicato da “Lavocedinewyork” che i redattori intitolarono La profezia: la Sicilia fallirà tra pochi mesi e ci sarà la catostrofe sociale. In quell’occasione avevo delineato un quadro ben preciso che purtroppo si sta avverando. Nessuna profezia. In realtà, bastava guardare i bilanci e le strategie politiche per capire che, per la Sicilia, stava suonando la campana. Bastava guardare agli scippi del Governo nazionale, alle entrate fittizie inserite nel Bilancio dall’assessore all’Economia spedito a Palermo da Renzi, Alessandro Baccei. Bastava leggere tra le righe della incredibile rinuncia ai contenziosi dello Stato firmata da Crocetta e Padoan, bastava riflettere sul buco finanziario di cassa.Insomma, bastava mettere insieme tutte queste cose per capire che saremmo arrivati alla catastrofica situazione attuale.
L’ultima manovra finanziaria, approvata di recente dall’Ars, ha dato il colpo di grazia alla Sicilia. Migliaia di persone rischiano di restare senza lavoro (come era logico ipotizzare), i Comuni sono sull’orlo del fallimento, i servizi essenziali per i cittadini vengono meno. Emblematico quello che sta succedendo nelle Province che anche se cancellate da una legge farsa, esistono ancora da un punto di vista amministrativo. Peccato che i 19 milioni stanziati serviranno, a malapena, a pagare gli stipendi di Gennaio ai circa 6 mila e 500 dipendenti delle nove ex Province siciliane. I servizi essenziali sono già saltati: niente più mezzi di trasporto per accompagnare i minori disabili a scuola. Per non parlare delle strade provinciali e delle scuole.
I genitori delle famiglie che hanno ragazzi disabili sono sul piede di guerra. Ho letto che si stanno rivolgendo alla Giustizia ordinaria denunciando, per l’appunto, l’interruzione di servizi pubblici essenziali. Fanno bene. Ma il problema rimane politico. Siamo in mano ad un Governo, quello di Crocetta, che ha svenduto i Siciliani al Governo nazionale. Con la complicità di un’Assemblea regionale siciliana che – tranne rarissime eccezioni – è stata complice della macelleria sociale cui stiamo assistendo.
Il punto è proprio questo: non basta rivolgersi ai giudici, bisogna risolvere i problemi alla radice e la radice dei problemi siciliani è l’attuale classe politica che, non abbiamo più bisogne di prove, non è al servizio dei siciliani. Dobbiamo dire basta ad un Governo nazionale che continua a depredarci come la peggiore delle colonie, basta ad un Governo regionale di ascari e collaborazionisti. Cominciamo scendendo in piazza il 30 Marzo a Palermo, ma non solo. La protesta deve essere continuata e perpetuata fino a quando non spazzeremo via questa banda di politicanti che ci ha ridotto alla fame.
I legislatori statutari non avevano certo pensato a sopprimere le province per fare contento Junker, il patto di stabilità e le follie dell’austerity. Avevano pensato ad un ente intermedio più numeroso e più democratico, come gli antichi 25 distretti consortili del Regno di Sicilia: sorta di “contee” delimitate da confini naturali e con la vocazione a mettere insieme risorse e servizi. La sorte delle province dovrebbe essere questa: mappare la Sicilia in una ventina di distretti, magari con amministrazioni speciali per le tre maggiori “Città” dell’Isola e le loro aree di naturale gravitazione metropolitana (non l’attuale farsa delle aree metropolitane che comprendono anche le montagne), costituire per la prima volta d’autorità i Consorzi, lasciando liberi poi i Comuni, sotto determinati requisiti, di passare da uno all’altro o di crearne di nuovi.
Le funzioni dei Liberi Consorzi dovrebbero essere triplici: da un lato avere funzioni proprie, definite per legge, quali quelle che oggi non possono più esercitare per mancanza assoluta di fondi, dall’altro una centralizzazione di talune funzioni amministrative dei comuni per ottenere economie di scala, e quindi risparmi, senza sopprimere gonfaloni e municipi, e poi fungere da circoscrizioni decentrate degli uffici/statali regionali, sotto un “intendente/prefetto” di nomina regionale che coordini tutti gli uffici periferici dello Stato e della Regione. Con un riordino di personale e funzioni, con un grande progetto di riforma della P.A., unito ad un massiccio ricorso all’informatizzazione, possibilmente la riforma non costerebbe molto o addirittura potrebbe essere a costo zero. Ma, nel breve termine, ci vuole elasticità finanziaria; quella che oggi è praticamente impensabile. Per fare tutto ciò, in una parola, ci vuole il diritto di poter disporre liberamente delle proprie risorse, ed oggi la Regione le proprie risorse le ha regalate allo Stato.
Quindi non sarebbe male rinviare questa saggia riforma a tempi migliori e tenersi per un po’ le vecchie, un po’ gattopardesche, “province regionali” del 1986 che bene o male funzionavano, magari scorporando le tre aree metropolitane dal rispettivo entroterra, e dando a Gela il riconoscimento che storicamente merita. La Sicilia è troppo grande per essere amministrata tutta da Palermo: tutto ciò non ha senso né funzionale, né costituzionale, visto l’ampio decentramento riconosciuto dall’art. 15 dello Statuto in favore dei Comuni e dei loro Consorzi. In una parola lo strangolamento finanziario della Sicilia oggi fa montare il caos dappertutto, non solo nelle Province, e di questo il responsabile principale non è il governo romano, che nella sua storica slealtà si limita ad approfittare della situazione, ma il servilismo coloniale di un governo-fantoccio che prima si manda a casa e meglio è. Riprendiamoci la Sicilia, ridiamo la sovranità al Popolo Siciliano.